La trave e la pagliuzza del Movimento 5 Stelle

L’iniziativa del Movimento 5 Stelle per ridurre drasticamente gli stipendi dei parlamentari, repentinamente bocciata alla Camera con 109 voti di scarto, rappresenta senz’altro una buona mossa propagandistica in funzione referendum costituzionale, puntellando il “No” con un argomento apparentemente solido.

Tuttavia, sul piano sistemico, questa ennesima presa di posizione stile Masaniello non sposta di una virgola la vera questione dei cosiddetti costi della politica. Costi che, in estrema sintesi, vanno ben al di là degli aspetti, pur rilevanti sul piano simbolico, concernenti le retribuzioni dei parlamentari medesimi. Così come dimostra il caso eclatante del premier Matteo Renzi, il quale non essendo stato eletto guadagna meno di un qualunque deputato, il tema andrebbe inquadrato senza le lenti deformanti della dilagante demagogia a Cinque Stelle, secondo cui per far funzionare bene lo Stato di Pulcinella occorrerebbe farsi rappresentare da una schiatta di novelli adepti di San Francesco, con tanto di saio e di cilicio da usare all’occorrenza.

In realtà, la questione vera è invece legata a quanto i soci vitalizi del sistema politico spendono per assecondare le proprie personali ambizioni. Ambizioni che per quanto riguarda l’attuale presidente del Consiglio lo hanno portato a spendere e spandere cifre colossali con il malcelato scopo di vincere le sue personalissime battaglie politiche, tra cui il dissennato referendum summenzionato. Vuoi che lo definiamo voto di scambio o vuoi democrazia acquisitiva, il concetto è sempre lo stesso: l’uso dei quattrini del contribuente finalizzato ad accrescere il proprio consenso e/o quello del proprio partito.

Attualmente per far funzionare a tutti i livelli gli elefantiaci, quanto scalcinati servizi pubblici, finanziando il più oneroso sistema previdenziale dell’Occidente, lo Stato italiano spende circa 850 miliardi di euro; ovvero intorno al 55 per cento del prodotto interno lordo. Un colossale budget di spesa al cui interno si annidano sperperi e disfunzioni tali da far impallidire i defunti regimi collettivisti dell’Europa dell’Est.

E non è certamente dimezzando transitoriamente gli emolumenti dei nostri parlamentari - perché secondo l’italiota tradizione, fatta la legge trovato l’inganno - che possiamo ragionevolmente sperare in una generale moralizzazione del sistema politico. Da liberale continuo a pensare che l’unico modo per ridurre i costi della politica sia quello che passa per una drastica limitazione delle sue eccessive competenze. Ciò secondo il sacrosanto principio secondo cui il Governo migliore è sempre quello che governa il meno possibile. Ovviamente niente a che vedere con l’illusoria antipolitica di chi pensa di poter risolvere tutto applicandosi sulla giacca il cartellino dell’onestà, al quale aggiungere un platonico “stipendio dimezzato”. Con queste idee si potranno pure vincere le elezioni, ma lì si finisce.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:00