E dopo la Brexit   è l’ora della “Renxit”

Il precedente non è di buon auspicio. Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha appoggiato a spada tratta l’ex premier inglese David Cameron nella sua battaglia referendaria contro la Brexit. E la Brexit è passata e Cameron è a casa.

Questo non significa che il capo della Casa Bianca sia un menagramo. Più semplicemente che per la maggioranza degli inglesi gli interessi Usa non coincidevano con quelli della Gran Bretagna. Obama temeva che dal referendum potesse scattare una fase di grande e pericolosa instabilità politica a Londra. E ha puntato sulla stabilità rappresentata da Cameron perdendo la scommessa e dimostrando di non avere grande dimestichezza con la politica europea. La Brexit ha provocato il ritiro dalla politica dell’ex premier, ma non ha prodotto alcuna instabilità tranne che all’interno del partito laburista e della sinistra inglese.

Il precedente non autorizza a pensare che anche gli elettori italiani possano essere immuni dallo smaccato tentativo di condizionamento di Obama. L’influenza dell’ex Paese-guida dell’Occidente è ancora forte nell’Italia ancora incapace di superare la vocazione ancillare del secondo dopoguerra. Ma il rischio che l’esagerato entusiasmo mostrato da Obama nei confronti di Renzi e delle sue riforme possa avere un effetto contrario a quello sperato è alto. Non solo perché il Presidente Usa ha ampiamente dimostrato di non capire un bel nulla della politica europea, come dimostra il fallimento clamoroso della sua strategia nel Mediterraneo. Ma soprattutto perché la spedizione di Renzi, dei suoi cari e dei suoi cortigiani negli Usa si è rivelata una tale manifestazione di provincialismo e di pacchianeria da far scattare un sicuro moto di ripulsa e di preoccupazione nella parte meno condizionabile e più avvertita dell’opinione pubblica del Paese.

Si dirà che la compostezza ed il senso della misura non sono le doti più marcate del nostro Presidente del Consiglio, naturalmente portato all’esibizionismo narcisistico esagerato. Ma c’è modo e modo di andare ad incassare la benedizione del Presidente uscente dell’ex Paese-guida dell’Occidente in cambio di garanzie sulle basi militari in Italia e di partecipazione attiva a tutte le iniziative belliche (dall’offensiva a Mosul all’invio di soldati nei Paesi baltici) decise da una amministrazione statunitense confusa, declinante ed inadeguata.

Ci vuole stile anche nell’indossare la livrea servile. E questo stile non sembra essere quello di Renzi, toscano machiavellico ma inguaribilmente provinciale!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:04