Matteo Salvini scherza con le... bambole

Matteo Salvini scherza con le bambole gonfiabili lanciandosi in spericolati paragoni. Senza dubbio l’aver accostato la signora Laura Boldrini all’oggetto cult dell’autoerotismo maschile è apparso un gesto inelegante e improprio. Quella battutaccia se la poteva risparmiare. In galateo istituzionale Salvini rimedia uno zero spaccato. Ma prima di affondarlo e fargli il funerale andiamoci piano. Il giovane leader leghista in molte occasioni ha dato prova di scaltrezza. Ama gigioneggiare fingendosi un barbaro ignorantone ma dietro la sguardo cafone cela una mente sottile. Se è così perché ha messo consapevolmente il piede sulla buccia di banana? Sapeva che un insulto all’“intoccabile” Boldrini avrebbe scatenato una sdegnata reazione di disgusto. Una possibile spiegazione l’abbiamo. Salvini è scomparso dai radar del circo mediatico dopo gli esiti dei ballottaggi alle amministrative. I suoi nemici sostengono che si stia leccando le ferite per la sconfitta subita. Ma è una lettura faziosa che non racconta la realtà.

All’interno della Lega è in corso un regolamento dei conti tra la vecchia guardia proto-leghista e la nuova leva ascesa al potere nel partito insieme al suo attuale leader. Nella prospettiva di un riposizionamento strategico del movimento su base nazionale Salvini deve fare i conti con la resistenza interna che vorrebbe, al contrario, ritornare a una Lega delle origini, rigorosamente localista. Nel confronto-scontro il Matteo meneghino ha dalla sua il vincente modello “Veneto” scaturito dal patto di ferro stretto con Luca Zaia. Salvini lo userà come leva per scardinare il blocco lombardo dei nostalgici, capitanato da un Roberto Maroni in grave deficit di ossigeno e credibilità. Il congresso previsto per la fine di quest’anno sarà il luogo della battaglia finale e Matteo sta concentrando tutte le energie disponibili per vincerlo con ampio margine. Perciò vuol essere sicuro di chi stia con lui fino in fondo. Letta in questa chiave anche l’uscita provocatoria sulla Boldrini avrebbe un senso logico. Più del peso dell’insulto conta quello delle reazioni e dei distinguo interni. Chi sta con lui e chi no: per adesso la lotta si fa in casa. Ciò che agli osservatori interessati appare come una fase di riflusso del trend salviniano in realtà è una tecnica marinara molto antica: si chiama navigazione sottovento. Guardando un po’ più in là del proprio naso, si scopre che l’unica forza politica la quale potrebbe trarre profitto dall’evoluzione degli scenari in Europa e negli Stati Uniti è proprio la Lega. Non è indifferente se nell’arco dei prossimi dieci mesi Donald Trump negli Usa, Norbert Hofer in Austria, Marine Le Pen in Francia, Geert Wilders in Olanda, in Germania Frauke Petry con la sua Alternative für Deutschland dovessero fare risultato nelle partite per le quali sono in gioco. Posto che Renzi, fiutando una brutta aria, non porti il paese al voto già nella prossima primavera, Salvini non potrebbe che beneficiare dell’onda del cambiamento che soffierebbe da Nord, da Est e da Ovest in direzione dell’Italia. Il macigno che sa di avere sulla strada e che dovrà affrontare non è certo il rapporto con l’ondivago alleato forzista.

Il partito di Silvio Berlusconi vive un momento di tale confusione da non rappresentare un problema per nessuno se non per se stesso. La mucca nel corridoio leghista, come direbbe Bersani, si chiama Cinque Stelle. Il pericolo di una cannibalizzazione dell’elettorato “padano” da parte del movimento grillino è un’eventualità che Salvini deve seriamente considerare. Per questa ragione attenderà il voto referendario del prossimo autunno per valutare quanto terreno Di Maio e compagni avranno conquistato e quanto invece ne avrà tenuto la Lega. In attesa che i fatti gli diano le risposte che segneranno i destini del centrodestra, il “Capitano”, come lo chiamano gli amici, gioca a fare l’antipatico, il truce, lo sguaiato, ma non il bollito.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58