Mattarella e il referendum costituzionale

Non vorrei dare neppure l’impressione di elargire consigli al presidente della Repubblica. Non ne ho né l’autorità né la presunzione. Però come cittadino impegnato sul No al referendum costituzionale devo presentargli due richieste che rientrano nei miei diritti e, a parer mio, nei suoi doveri.

Il presidente Mattarella avrebbe dato (e, se l’avesse dato, avrebbe sbagliato) agli studenti della Columbia University di New York un giudizio sostanzialmente positivo sul “Renzoschi”, affermando tra l’altro che “la riforma costituzionale del Senato influirà sulla velocità delle decisioni, sulla capacità di governare i problemi quando nascono e non dopo”. Il giudizio è sorprendente perché sembra improntato a ingiustificata condiscendenza verso una riforma di pretto stampo governativo ed ancora sottoposta ad uno scrutinio popolare del quale lo stesso Mattarella è arbitro.

Dunque le mie due richieste, che non dovrebbero essere soltanto del fronte del No ma di ogni sincero democratico e di ogni amante del fair play politico, sono queste: i pensieri del capo dello Stato circa la riforma costituzionale restino in testa al capo dello Stato anziché venire esternati in pubblico o in privato, in patria e all’estero; il capo dello Stato sia il custode della procedura referendaria costituzionale con lealtà e imparzialità. Mi rendo conto che gli è impossibile, in fatto ed in diritto, frenare o impedire la logorroica protervia del presidente del Consiglio e la vezzosa sicumera della ministra. Proprio perciò Mattarella è tenuto a equilibrare le pari opportunità del No e del Sì, essendone l’ago della bilancia.

La posta in gioco è la più alta che possa esistere in un ordinamento. Riguarda le forme e i limiti della sovranità popolare e il sistema di governo rappresentativo. Per esempio, la Rai, una finta s.p.a. sostenuta dalla tassa di abbonamento, dovrebbe essere richiamata alla sua funzione pubblica e diffidata dal mostrarsi come strumento di parte governativa. Par condicio o no, la Rai dovrebbe essere al servizio della gara anziché fare il servizio ad uno dei gareggianti. È vero, esiste una commissione parlamentare di vigilanza. Ma in questo specifico caso ci aspettiamo che vigili soprattutto il supremo magistrato della Repubblica perché in ballo è la Costituzione della Repubblica, non un’elezione: un bene di tutti, non l’interesse di un partito.

Quindi Mattarella deve tacere sul merito e parlare sul metodo. Il merito non gli compete, a meno che non voglia anche lui incamminarsi sulla strada malamente imboccata e troppo a lungo percorsa da Napolitano. Mentre il metodo di svolgimento del referendum costituzionale, che, essendo oppositivo, investe la più intima potestà del popolo come depositario ultimo del potere costituente, è parte integrante delle attribuzioni del capo dello Stato, tenuto a garantire la correttezza e la genuinità della competizione, le quali dipendono dalla imprescindibile precondizione dell’uguaglianza nell’esprimere, esporre, motivare le opposte tesi.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 19:35