Matteo Renzi tra  promesse e realtà

Come era inevitabile che accadesse, dopo gli altisonanti annunci espressi dal Premier Matteo Renzi, la realtà delle cose e dei numeri sembra che stia ridimensionando le promesse del giovane timoniere fiorentino.

Impantanatosi, come d’altronde i suoi recenti predecessori, nel mare magnum della cosiddetta spending review, il suo Governo stenta a trovare le coperture per i tagli fiscali promessi, per non parlare delle nuove spese messe in cantiere, compreso l’immediato sblocco dei crediti che le imprese vantano dalla Pubblica Amministrazione. Da qui tutta una serie di annunci di piccole e grandi correzioni sulla rotta di Palazzo Chigi, onde mettere preventivamente le mani avanti nel caso le cose si dovessero mettere molto male sul fronte dei conti pubblici. Tant’è vero che, secondo le ultime indiscrezioni, è possibile che i famosi 80 euro di sconti fiscali per i redditi più bassi subisca degli aggiustamenti al ribasso e che la riduzione dell’Irap per le imprese – la famigerata tassa rapina – passi dal 10 al 5%, entrando in vigore non quest’anno, bensì nel 2015.

Ma in sostanza, al di là delle chiacchiere, Renzi sta cominciando a fare i conti con i colossali problemi strutturali di un Sistema-Paese affetto da un impressionante eccesso di spesa pubblica e di relativa tassazione, con un livello di indebitamento dello Stato e delle amministrazioni periferiche a dir poco spaventoso. E dentro questa fosca cornice c’è un Paese reale che non cresce da anni e che, proprio a causa dei succitati fattori, non riesce più ad allocare in modo soddisfacente le risorse umane e materiali di cui dispone. Da questo punto di vista possiamo dire che il perenne squilibrio finanziario che caratterizza il sistema pubblico rappresenta l’altra faccia di uno squilibrio, quasi tutto generato dalle scelte politiche degli ultimi decenni, economico-organizzativo, in cui troppe persone vivono di tasse e di spesa pubblica e troppo poche producono valore di mercato.

Ora, per tentare di invertire la tendenza, all’interno dei limiti che una democrazia impone, occorrerebbe almeno dare qualche piccolo ma significativo segnale nella direzione giusta. Ciò, calato nella nostra drammatica condizione, non può che andare nella direzione di una graduale ma progressiva riduzione del perimetro pubblico e delle prestazioni coercitivamente offerte dallo Stato. Questo significa che l’unico modo per recuperare risorse finanziarie al fine di ridurre per tutti la pressione fiscale allargata è quello di mettere le mani sui grandi capitoli di spesa: previdenza, sanità e pubblico impiego. Ma per farlo occorrono tre elementi: la visione corretta sulle cose da farsi, un orizzonte temporale ampio e, soprattutto, il coraggio politico per sfidare il monolite politico, burocratico e sindacale che rappresenta milioni e milioni di interessi consolidati. Tutte cose che, con tutto il credito che si vuole concedere al Premier in carica, vanno nella direzione opposta ai desiderata della tradizionale base elettorale del suo partito.

E dato che non manca molto alle elezioni europee, mi aspetto nuove correzioni di rotta sul fronte delle promesse renziane, con ulteriori ridimensionamenti dei tagli fiscali e nuovi “pasti gratis” – magari accontentando la ministra Madia che propone un piano di nuove assunzioni nella pubblica amministrazione – da distribuire a pioggia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:22