L’ultima pubblicazione annuale dell’istituto Imd di Losanna delinea un quadro preoccupante per l’Europa e gli Stati Uniti, mentre esalta l’ascesa dell’Asia e degli Emirati arabi uniti. Il rapporto analizza 67 Paesi sotto il profilo economico, aziendalistico, governativo e infrastrutturale, stilando una classifica che misura la competitività di ciascuna nazione.
Se si considerasse l’Unione europea come un’unica entità, si collocherebbe circa a metà classifica, due posizioni in più in basso rispetto al 2020. Gli Usa seguono questa stessa tendenza negativa, passando dal decimo al 12° posto nel medesimo periodo. Nel continente asiatico, Cina e India hanno migliorato significativamente le loro posizioni, rispettivamente di sei e quattro posti. Gli Emirati arabi uniti sono passati dalla nona alla settima posizione, confermandosi tra le prime dieci economie più competitive al mondo, con buoni risultati in economia interna, commercio internazionale, occupazione, finanza pubblica, fisco, legislazione economica, occupazione e infrastrutture di base.
In Europa, l’eterogeneità tra i Paesi si è leggermente ridotta, ma rimangono significative differenze interne. La Francia, trentunesima in classifica, è penalizzata da un sistema fiscale inefficace nonostante buoni risultati per quanto concerne gli investimenti internazionali. Anche la Germania ha perso competitività, scendendo al 24° posto, con una perdita di sette posizioni negli ultimi cinque anni. Al contrario, altri Paesi come Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Portogallo e Grecia hanno migliorato i loro risultati e recuperato terreno nella classifica. Nell 1990, l’Italia era al 30° posto. Da allora, il Paese ha progressivamente perso posizioni – nonostante una recente inversione di tendenza – raggiungendo il 46° posto nel 2014 e il 42° nel 2024.
Gli Stati Uniti continuano a dominare nell’ambito del capitalismo privato, ma pesa la gestione inefficiente delle finanze pubbliche. Regno Unito e Giappone, sebbene eccellano nelle infrastrutture scientifiche e nei tassi di occupazione, soffrono di squilibri finanziari. La Cina, al 14° posto, ha visto miglioramenti in termini di produttività, ma è penalizzata dagli investimenti internazionali, che invece hanno fatto guadagnare competitività all’India. L’America latina presenta un quadro decisamente diverso. L'area composta da Cile, Perù, Messico, Porto Rico, Colombia, Brasile, Argentina e Venezuela si trova al 58° posto. l’Argentina, in particolare, occupa le ultime posizioni in quasi tutti i parametri, evidenziando gravi carenze strutturali.
La classifica dell’Imd si basa su indicatori statistici e sondaggi. Sebbene la misurazione della competitività sia complessa e non priva di controversie, il rapporto annuale dell’istituto svizzero rimane un punto di riferimento autorevole per l’analisi degli equilibri economici internazionali. Dal rapporto, ad esempio, emerge chiaramente un aumento della competitività del continente asiatico e della Penisola araba a scapito di Europa e Stati Uniti. Tuttavia, la presenza di cinque Paesi europei tra i primi dieci in classifica (inclusi Svizzera e Norvegia, che però non hanno mai aderito all’Ue) suggerisce che il modello occidentale non sia intrinsecamente inadatto alle sfide competitive odierne, come sostengono alcuni commentatori. Sono però necessarie riforme specifiche nei singoli Stati per evitare ulteriori perdite di terreno. In particolare, l’Italia deve concentrarsi sul miglioramento della gestione delle finanze pubbliche, sul sistema fiscale e sul coinvolgimento nel mercato del lavoro. L’esperienza dimostra che con politiche mirate e riforme strutturali, anche i Paesi che hanno subito un declino possono recuperare competitività.
Aggiornato il 02 luglio 2024 alle ore 10:27