Breve profilo del futuro prossimo

martedì 20 dicembre 2022


Tutti stanno ancora cercando di digerire le notizie degli aumenti dei tassi di interesse da parte delle principali banche centrali, le quali – fondamentalmente – pensano che avremo bisogno di tassi di interesse ancora più alti e più a lungo, perché l’inflazione è ancora dilagante. Ma i tassi più alti e più a lungo rallenteranno l’economia. Ciò non farà che accelerare la crisi che, essendo basata sulla scarsità dell’offerta, non raffredderà affatto l’inflazione e diminuirà ancora di più la domanda. Questo non è diverso dagli anni Settanta, quando ci fu uno shock esterno dei prezzi da parte dell’Opec. L’aumento dei tassi di interesse non fece nulla per prevenire l’inflazione. Invece, provocò – come oggi – un dollaro forte, crolli valutari in altre aree geografiche e raddoppi sulla spesa per gli interessi dei governi. Ma la situazione attuale è molto più grave di quel periodo passato.

Negli ultimi nove mesi, il presidente della Federal Reserve (Fed), Jerome Powell, ha alzato i tassi di interesse al ritmo più veloce di qualsiasi presidente precedente, causando subito – con l’aumento del costo dei mutui – l’arresto del mercato immobiliare, che rappresenta il venti per cento del prodotto interno lordo, per poi far scivolare tutta l’economia statunitense verso una recessione. L’aumento dei tassi di interesse ha avuto anche un impatto nei mercati emergenti, contribuendo al caos nel settore finanziario cinese, dove molte banche e province si erano indebitate con il dollaro, credendo di risparmiare sui tassi di interesse, ignorando però che la valuta statunitense si rafforzasse. I blocchi-Covid della Cina sono stati semplicemente un espediente per nascondere il collasso del suo sistema finanziario, che richiederà qualche anno per risolversi.

La Fed ha ovviamente costretto la Banca centrale europea (Bce) ad alzare i tassi di interesse, col risultato ovvio di scatenare ancora una crisi del debito in Europa, che sta penalizzando compagnie assicurative e fondi pensione, obbligati all’acquisto di debito sovrano e che, per sopravvivere, hanno bisogno dell’otto per cento di rendimento totale. Ma la Bce dal 2014, passando a tassi di interesse negativi, ha minato i bilanci di tutte le istituzioni pubbliche e private: in otto anni non ce ne è una che, da quando i tassi sono aumentati, non abbia perso almeno il trenta per cento sul debito pubblico acquistato. Questa è la trappola in cui l’ex presidente e acclamato salvatore dell’euro, Mario Draghi, ha rinchiuso la Bce. Nessuna istituzione privata accetterà più un debito a lungo termine, sapendo che i tassi aumenteranno ancora.

Coloro che ora se la prendono con la presidente Christine Lagarde, per l’aumento dei tassi, dimenticano che in presenza di una crescente crisi del debito senza domanda a lungo termine, l’aumento dei tassi è il solo modo di tenere in vita l’euro, ritardandone l’inevitabile default formale. Ci si è già dimenticati del crollo delle principali valute nel mese di settembre, a eccezione del dollaro, di oltre il venti per cento? Perché è successo? È accaduto a causa della profondità della crisi del debito e siccome il debito, nel sistema monetario, corrisponde alla valuta circolante, se collassa la valuta, si logora anche il debito in essa denominato. Quelli al Governo che adesso criticano la politica monetaria europea, oltre a non capire nulla di quello che sta succedendo, adottano il punto di vista tipicamente politico secondo cui, loro, non sono mai responsabili dell’inflazione: è sempre colpa della banca centrale.

Con l’inflazione che ha toccato i massimi da quarant’anni anni, le banche centrali non potranno più fare nulla per affrontare la crisi economica. E loro stesse stanno vedendo emergere le prime crepe. Queste crepe stanno diventando fessure e si trasformeranno in voragini. L’inflazione sarà accelerata dalla spaccatura del mondo in due parti. L’Occidente guidato dagli Stati Uniti e gli autocrati condotti dalla Cina. Ciò avrà un impatto permanente e inflazionistico sulle filiere produttive. I sauditi si stanno spostando verso la Cina. Nel 2000, gli Stati Uniti erano il principale partner commerciale per la maggior parte del mondo. Oggi la situazione si sta completamente capovolgendo, con la Cina che rappresenta il principale partner commerciale di tutti, tranne del Nord America, solo in parte dell’Europa e di alcune nazioni sudamericane. Quindi, in termini di commercio, il globo è passato dal blu (Stati Uniti) al rosso (Cina).

L’Amministrazione di Joe Biden ha commesso il grave errore di armare il sistema di pagamento globale, Swift, come uno strumento politico sanzionatorio, ponendo fine alla globalizzazione dei mercati finanziari. Da quel momento il mondo è entrato in un’economia di guerra, dove le merci non saranno più disponibili su richiesta immediata e saranno necessarie delle sostituzioni. Ciò sta costringendo gli investitori e le nazioni a diversificare le partnership, abbandonando quelle tradizionali con gli Stati Uniti o quelle con la Cina. A titolo di esempio, si pensi alle multinazionali come Apple, che per mitigare i rischi geopolitici sta gradualmente separandosi dalla Cina diversificando la sua supply chain, per evitare di diventare una vittima del prossimo confronto sino-americano.

Per concludere: i capitali si stanno ritirando dal mercato obbligazionario, creando una pericolosa bassa marea soprattutto in Europa, perché le banche non possono più sostenere questo mercato. I politici italiani, che stanno ora inveendo contro la politica monetaria della Bce, dovrebbero preoccuparsi di quello che sta per accadere all’intero sistema monetario mondiale, di cui la fine è scritta sul muro come nel libro di Daniele della Bibbia: il debito a lungo termine sta crollando su scala globale. L’insolvenza già iniziata nei mercati emergenti si allargherà all’Europa, il cui destino è quello di essere ridotta in polvere nel giro di un paio d’anni. Stessa sorte per gli Stati Uniti, ma in tempi un po’ più lunghi. Siamo arrivati alla fine di questo sistema economico, di cui i governi hanno abusato con prestiti infiniti senza alcuna intenzione di ripagare mai nulla. E continuando a gestire i deficit per abbindolare gli elettori. Ora, incapaci di serie riforme, non possono far altro, come scusa per il default in arrivo, che spingere per la Terza guerra mondiale, illudendosi di poter poi lanciare una Bretton Woods 2.0.


di Gerardo Coco