La truffa dei profitti nel settore delle energie rinnovabili

martedì 8 novembre 2022


Gli “ecoprofitti” possono aumentare soltanto se le libertà dei cittadini diminuiscono

Nel libero mercato, le merci acquistate e vendute possiedono un valore percepito. Quando un acquirente e un venditore raggiungono un prezzo concordato per qualsiasi prodotto, c’è un “accordo tra le parti”. Il valore di qualsiasi materia prima naturale è proporzionale alla sua scarsità. Più ce n’è, e più facilmente può essere ottenuta, meno valore ha. Un commerciante che vende pietre ordinarie non può guadagnarsi da vivere quando il suo prodotto si trova liberamente dappertutto. Se commercia in oro o in argento, in diamanti o in rubini, invece, le sue “pietre” difficili da trovare valgono una piccola fortuna. Se solo ci fosse un modo per trasformare le pietre ordinarie in beni preziosi!

Ci sono, a dire il vero, due modi ben noti per farlo. Un commerciante senza scrupoli potrebbe semplicemente dipingere d’oro le pietre ordinarie e fingere che i minerali comuni siano rari, e un cliente ignaro potrebbe non accorgersene. Attraverso la frode, il venditore può dirottare il valore percepito dei suoi beni e minare “l’accordo tra le parti” concordato tra lui e qualsiasi cliente ingannato. Le sue pietre “preziose” in realtà non hanno alcun valore, ma gli forniscono guadagni illeciti. Nel tempo, però, questo tipo di frode non dura. I clienti più esigenti alla fine si accorgono dello stratagemma, e questa informazione viene condivisa tra i potenziali acquirenti. E a meno che il commerciante non si trasferisca rapidamente in una nuova città dove ci sono nuovi acquirenti ancora da ingannare, è probabile che i vecchi clienti truffati mettano fine al suo sostentamento o molto peggio. Commettere frodi comporta seri rischi personali.

C’è un altro modo più sicuro, tuttavia, per trasformare le pietre ordinarie in beni preziosi. Il commerciante potrebbe chiedere sovrano del reame di avere il diritto esclusivo di raccogliere e vendere pietre ordinarie. Se viene concessa una tale licenza straordinaria, in base alla quale le pietre ordinarie sono di proprietà del commerciante solo dopo essere state contrassegnate con il suo marchio, allora una risorsa naturale abbondantemente disponibile diventa scarsa dall’oggi al domani. Ciò che una volta era gratuito ora costa quanto il commerciante e la cancelleria esattoriale del re decidono di applicare per l’uso delle pietre regolamentate. Magari i cittadini con uno status speciale o con una comprovata fedeltà al sovrano otterranno comunque le loro pietre per pochi spiccioli. Ma i meccanismi classici della domanda e dell’offerta entrano ancora in gioco per tutti gli altri. Anche se il prezzo praticato per una pietra ufficialmente autorizzata è mantenuto basso, il suo valore sui mercati secondari è determinato interamente dalla scarsità di pietre disponibili contrassegnate con il marchio del commerciante.

Quanto valgono le pietre soggette a licenza se sono le uniche che possono essere di proprietà? Quando un sovrano e un commerciante cospirano per rendere “legale” soltanto una piccola parte delle pietre disponibili, la loro “indisponibilità” costruita le rende estremamente preziose. La scarsità imposta legalmente comporta molti meno rischi personali. Il monopolio concesso in licenza su materie prime molto richieste è un’autorizzazione a coniare denaro. In tale ottica, è facile capire perché così tanti investitori apprezzano l’intervento statale nei mercati energetici.

I governanti possiedono il potere di evocare il valore artificiale dal nulla creando leggi che rendano impossibile partecipare al mercato senza prima pagare il privilegio. Uno di questi schemi è quello di prendere una materia prima essenziale necessaria per tutta la produzione industriale e il commercio, ossia l’energia, e regolamentarla a oltranza. Quando le abbondanti fonti di idrocarburi sono rigidamente regolamentate, la proprietà delle attività di sfruttamento degli idrocarburi approvate dal governo diventa molto più preziosa. Quando i governi limitano la trivellazione e l’estrazione di idrocarburi nel terreno, producono penuria. Quando i governi stabiliscono strette limitazioni per la quantità di petrolio, di carbone e di gas naturale che possono essere utilizzati commercialmente, la vasta utilità industriale di tali energie garantisce una domanda sempre più elevata. Quando le aziende sono costrette a limitare le loro “emissioni di carbonio” o ad acquistare “crediti di carbonio” (rocce ordinarie) da fornitori “green” autorizzati, i partner commerciali prediletti dal governo ricavano ingenti profitti (e raccolgono altresì i funghi del pozzo statale).

Quando solo alcuni individui facoltosi e qualche azienda florida possono permettersi energia da combustibili fossili resa artificialmente costosa, come se fosse una normale spesa aziendale, allora gli imprenditori in erba e le piccole imprese non possono più competere. Coloro che si trovano all’apice della piramide della ricchezza sociale hanno molto più facilità a rimanere in cima quando le stesse fonti naturali di energia da idrocarburi una volta utilizzate per accumulare fortune sono ora negate a coloro che farebbero lo stesso.

Una guerra ai “combustibili fossili” è una tattica eccellente per proteggere la quota di mercato privato. È una causa ideologica redditizia per impinguare le entrate statali. Ed è una costante fonte di reddito per le organizzazioni ambientali “no-profit” e per altri particolari gruppi di interesse che sono più che disposti a nutrirsi dei picchi negativi di spesa pubblica in cambio della promozione del redditizio gioco “green” del governo.

veicoli elettrici sono potenti quanto i loro omologhi con motore a combustione interna? L’energia eolica e quella solare possono davvero fornire alle nazioni affidabili reti energetiche abbastanza robuste da evitare blackout continui? La plastica, l’olio combustibile e la maggior parte dei materiali sintetici che si trovano in casa possono essere magicamente fabbricati senza petrolio?

La popolazione mondiale può evitare carestie e fame se gli agricoltori sono costretti a rivedere i metodi di produzione agricola e zootecnica al fine di rispettare le norme “ambientali” che limitano l’uso o il rilascio di anidride carbonica, metano, azoto e fosfato, molecole e di composti essenziali per l’agricoltura di base e per i fertilizzanti ad alto rendimento?

Oppure queste iniziative “green” finiranno per sembrare notevolmente simili all’esempio del commerciante senza scrupoli di cui sopra che ha imparato a truffare i suoi clienti spacciando i minerali comuni come rari e dipingendo d’oro le pietre ordinarie, o forse ora, di un verde splendente?

Non è questo ciò che ottiene l’imposizione di standard Esg (acronimo che si riferisce a tre aree, quali, ambiente società e governance, ndt) ai mercati? L’Esg non è uno sforzo concertato per deformare il funzionamento dei mercati commerciali con obiettivi fortemente politici che cercano di premiare le aziende e gli investimenti di capitale per il loro impegno nei confronti di convinzioni ideologiche piuttosto che per la probabilità che essi generino profitti futuri?

Quando i consigli di amministrazione e gli investitori distorcono il libero mercato considerando azioni e altri asset come più preziosi di quanto non siano in realtà, semplicemente perché sono dipinti di un brillante “verde”, poi la sopravvalutazione degli Esg trasforma in oro fantasie fuorvianti ma “politicamente corrette”. L’ideologia dirotta la direzione naturale del mercato verso un obiettivo e trasparente “accordo tra le parti”. In questo, c’è una truffa taciuta, ma inequivocabile.

Prima che i governi, compresi avversari ostili come la Russia e gli Stati Uniti, cospirassero per limitare l’uso dell’energia da idrocarburi e “diventare ecologici”, l’idea che chiunque potesse trarre profitto dal vento o dal sole sarebbe sembrata assurda come un commerciante che vende pietre liberamente disponibili intorno a noi. D’altra parte, anche l’idea di fare fortuna con l’acqua in bottiglia una volta sembrava assurda.

L’ambientalismo imposto dal governo ha creato la propria classe di miliardari “green”. Ogni volta e ovunque i governanti abbiano imposto ai cittadini di acquistare determinati beni o di subire conseguenze legali, i produttori di quei beni hanno tratto vantaggi finanziari.

Chiunque un tempo fosse beatamente ignaro di quel tipo di pessimo capitalismo clientelare ha sicuramente imparato una o due cose vedendo come l’obbligatorietà vaccinale a livello mondiale abbia aumentato i profitti dell’industria farmaceutica, mentre le clausole d’indennizzo concesse dagli Stati hanno sollevato i produttori del vaccino dalla responsabilità finanziaria per eventuali danni risultanti.

Quando i governi sovvenzionano intere industrie, costringono i cittadini ad acquistare i prodotti di quelle industrie e proteggono quelle industrie dalle conseguenze legali dei danni causati dai loro prodotti, il denaro fluisce nelle tasche di coloro che detengono quote di proprietà.

Quando i sovrani impongono che tutti i motori a combustione interna vengano demoliti e che tutti i veicoli privati funzionino con batterie al litio, anche i produttori di veicoli elettrici sono autorizzati, come il nostro commerciante di pietre al quale il re ha consentito di venderle, a coniare denaro. Per coloro che sono saltati in anticipo sul carro “green” e hanno investito in tecnologie che sarebbero state propagandate come sostituti necessari per le macchine tradizionali dipendenti dagli idrocarburi, sono state create grandi fortune. La principale forza trainante dietro gran parte della rivoluzione “verde” sembra non essere stata la preoccupazione ambientale, ma piuttosto la classica avidità.

Certo, diventare “green” è stato redditizio per alcuni, ma questo lucro può durare? Questa è la cosa magica delle normative sugli idrocarburi e dei requisiti di credito di carbonio. Se i fornitori “green” prediletti dal governo hanno bisogno di più ricchezza, i politici possono semplicemente aumentare la sofferenza energetica per tutti gli altri. Meno idrocarburi aziende e cittadini sono “autorizzati” a consumare, più soldi saranno disposti a pagare per “crediti”. Attraverso mandati di autoregolamentazione, i governi creano asset “green” che apprezzano in modo artefatto. Non ci sono limiti!

O meglio, non è la confisca totale delle proprie ricchezze e dei frutti del proprio lavoro l’inevitabile punto di arrivo qui? Se la gente comune non è in grado di abbandonare il consumo di idrocarburi così facilmente come richiedono gli agenti governativi, dovrà semplicemente rinunciare alle automobili, alle moderne tecnologie, ai comfort ordinari, all’aria condizionata e persino al riscaldamento.

Nessun costo personale, a quanto pare, è troppo alto per soddisfare le richieste del Nuovo Ordine Mondiale “Green” (o per garantire che i venditori “green” prediletti e i loro amici del governo rimangano invariati). I profitti “green” possono aumentare soltanto se le libertà dei cittadini continuano a diminuire.

Non suona notevolmente simile a un’altra filosofia politica che si basa sull’abolizione di tutta la proprietà privata? Qual è quel vecchio detto in qualche modo falsamente attribuito a Vladimir Lenin? “I capitalisti ci venderanno la corda con cui li impiccheremo”. O forse oggi ce la venderanno i capitalisti “green” che si arricchiscono facendo scarseggiare cibo e carburante, i sostenitori del “green” indicatore di virtù che incoraggiano la transazione unilaterale e i cittadini occidentali sempre più poveri che finiscono per stare peggio che mai.

Una cosa è certa: indipendentemente dalla “saggezza” occidentale politicamente corretta prevalente e dall’attuale “follia delle masse” ambientalista, se il petrolio e il gas di scisto dell’economia globale fossero scambiati con pietre “green” senza valore, né i ricchi capitalisti né i poveri cittadini sopravvivrebbero a lungo.

(*) Tratto dal Gatestone Institute – Traduzione a cura di Angelita La Spada


di J.B. Shurk (*)