Beppe Sala e il Ponte sullo Stretto

domenica 11 settembre 2022


Stimo il sindaco di Milano e mi ritengo suo amico e, quindi, mi viene difficile attaccarlo dopo le sue dichiarazioni sulla utilità del ponte sullo Stretto di Messina e mi chiedo perché una persona senza dubbio lungimirante e con un’ampia esperienza proprio nel campo delle iniziative strategiche difficili e complesse come l’Expo 2015, abbia potuto ritenere inutile e, addirittura, dannoso il collegamento stabile tra il continente e la Sicilia.

Voglio, proprio perché Beppe Sala è un interlocutore intelligente, raccontare una confidenza che la Commissaria europea Loyola De Palacio sottopose alla mia attenzione in una delle riunioni in cui venivano definite le Reti Trans European Network (Ten-T) nel 2005; la Commissaria mi disse: “Voi italiani non riuscite a misurare e a capire cosa sia la “continuità territoriale”; con la Sardegna, senza dubbio, la mancata continuità vi costa tanto e logisticamente è un danno sia per la Sardegna che per l’intero Paese. La distanza tra il continente e l’isola è talmente lunga da non rendere possibile un collegamento stabile, invece l’altra vostra isola dista dal continente poco più di tre chilometri ed allora non vi sentite mortificati per non averlo ancora realizzato?”.

È una confidenza che mi ero tenuta finora solo per me perché in fondo la De Palacio con questa confidenza aveva offeso la intelligenza di quella parte degli italiani che non avevano capito una simile banalità. È vero che ci sono anche quelli che vogliono che il ponte si realizzi e forse hanno anche capito questa semplice considerazione della compianta De Palacio, ma nei fatti una forte azione contraria del Partito Democratico ed in genere di una parte rilevate della Sinistra non hanno mai condiviso la realizzazione del collegamento stabile.

Come ho detto più volte, proprio ultimamente, mi sono convinto definitivamente che il ponte sullo Stretto non si farà più o, almeno, sarà un’opera che in tutti i modi possibili ed immaginabili sarà osteggiata a tal punto che mentre i “No Tav” sia quelli della Torino-Lione, sia quelli della rete ad alta velocità italiana, hanno praticamente perso la lunga e incomprensibile azione contraria, sul ponte quando si dovesse accettare e condividere un progetto a due campate, o a quattro campate, o a dodici campate, cioè a quante campate l’apposita Commissione dei non esperti avrà deciso, allora comparirà o meglio ricomparirà in un modo più virulento il rischio degli interessi malavitosi.

Però queste mie anticipazioni e, soprattutto, queste pessimistiche previsioni oramai fanno parte di una consolidata storia di chi in un modo quasi calcistico tifa per la realizzazione o per la non realizzazione del collegamento stabile. Invece non voglio e mi dispiacerebbe davvero tanto se Beppe Sala cadesse in questo discutibile scontro e, soprattutto, leggendo le considerazioni semplici ma incisive di Loyola De Palacio penso si convincerà della utilità del collegamento stabile; una utilità mirata a far crescere non solo la Sicilia o il Mezzogiorno ma l’intero Paese e quindi anche la città di cui è sindaco.

Aggiungo in proposito quello che disse Karel Van Miert, Commissario della Unione europea e responsabile della seconda edizione delle Reti Ten-T, in una sua audizione nel Parlamento europeo quando un parlamentare italiano chiese la esclusione del ponte dalle reti Ten, in particolare dal Corridoio Berlino-Palermo; Van Miert, come ho riportato più volte, precisò: “Abbiamo supportato finanziariamente come Unione europea il collegamento stabile tra Copenaghen e Malmö, cioè tra la Danimarca e la Svezia, una infrastruttura lunga 17 chilometri, il famoso ponte di  Öresund, per collegare due Paesi con 5-6milioni di abitanti e ci fermiamo di fronte ad un’opera che con un ponte lungo 3,3 chilometri collega una Regione di 5 milioni di abitanti con una parte restante del Paese di 55 milioni di abitanti”.

Conoscendo il sindaco Sala sono sicuro che ammetterà che la De Palacio e Van Miert avevano ragione; io più volte in passato ho dimostrato, utilizzando un pregevole lavoro fatto da una società prestigiosa per conto della Regione Sicilia, quale sia il costo del non fare e nel caso specifico quale sia stato il danno prodotto dal mancato aumento del Pil di 6 miliardi l’anno; un danno prodotto alla Sicilia ed al Paese sin dal 2011, data di annullamento dell’opera, di circa 54 miliardi di euro; questa volta invece ho preferito utilizzare considerazioni più semplici perché era necessario evitare di mettere in cattiva luce il sindaco Sala che, insisto fino alla noia, sicuramente fornirà una ampia precisazione su quanto riportato mediaticamente.

Spero che Sala lo faccia, spero cioè che un simile chiarimento arrivi presto perché altrimenti si scatenerà, ancora più forte, lo scontro tra l’Italia ricca e sempre più infrastrutturata e l’Italia povera priva, da sempre, di infrastrutture; uno scontro in cui noi del Sud non dovremmo assolutamente cadere perché coloro che difendono gli interessi del Nord non sanno che amplificare questa dicotomia, godere di questa dicotomia significa ridimensionare in modo rilevante ed irreversibile la loro crescita.

Lo so, è difficile capire e convincersi di una simile sfumatura ma spero che col tempo venga capita perché ne soffre l’intero Paese.

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)