La Puglia e la sfida per una filiera cerealicola locale

venerdì 1 aprile 2022


L’aggressione russa all’Ucraina ha generato un grande dibattito sulle nuove dinamiche politiche alimentari nazionali, mostrando al nostro Paese la necessità di avere sistemi alimentari sostenibili, innovativi e facilmente adeguabili, per non dover ancorare la propria sopravvivenza unicamente all’import cerealicolo. A causa della guerra in Ucraina, viene registrata un’importante carenza di mais e grano e l’Europa sta cercando di elaborare una serie di provvedimenti per arginare la difficile situazione. Tra le richieste avanzate vi è quella di ritornare a coltivare migliaia di ettari di terreni ad oggi abbandonati a causa dell’insufficiente redditività, per la mancanza di manodopera specializzata o per la siccità. Gli interventi straordinari, decisi in questo difficile momento storico dalla Commissione europea, permettono concretamente a realtà ancorate alla tradizione agricola come la Regione Puglia di “recuperare” oltre 100mila ettari che nei prossimi mesi torneranno ad essere coltivati e sui quali verranno piantati anche grani antichi come il Senatore Cappelli o il Gentil Rosso con cui vengono prodotti e trasformati il pane e la pasta.

L’importanza di riattivare un circuito virtuoso e sostenibile lungo tutta la Penisola è confermato dalle recenti analisi degli esperti e degli agronomi che registrano un taglio dei raccolti causato dall’incremento dei costi che rischia di far aumentare ulteriormente la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l’Italia che è già obbligata ad importare il 64 per cento del grano per il pane, il 44 per cento di quello necessario per la pasta, ma anche il 16 per cento del latte consumato, il 49 per cento della carne bovina e il 38 per cento di quella di maiale, senza dimenticare che i raccolti nazionali di mais e soia sono fondamentali per l’alimentazione degli animali. Per quanto riguarda la produzione di cereali e la valorizzazione dell’intera filiera dei “grani antichi”, la Regione Puglia risulta essere al centro di tale visione con la possibilità di utilizzare i fondi del Pnrr per collegare l’innovazione agricola e sostenibile con la ricrescita di piccoli borghi marginali.

Nel corso dell’ultima settimana, il Future Food Institute ha lanciato l’esempio dal Cilento, in Campania, presentando una piattaforma di idee per innescare un nuovo impulso all’occupazione dei giovani meridionali con l’avvio di importanti processi di agricoltura sostenibile all’interno delle piccole realtà marginali che possono ritornare a crescere puntando sulla digitalizzazione e l’innovazione dell’intera filiera alimentare. Nel Comune di Pollica, alcune aziende agricole hanno avviato, con il Cnr, la sperimentazione del sensore Bioristor, un transistor elettrochimico organico in grado di rilevare l’insorgenza dello stress idrico e, potenzialmente, inviare un segnale per irrigare solo quando necessario, consentendo una riduzione notevole degli sprechi di acqua e di aumentare la sostenibilità delle produzioni agricole. D’altronde, alcuni importanti progettualità legate ai grani antichi di Puglia risalgono al 2017, con l’azione dei Rotary Club e di Gi.&Me Association, presieduta dall’ingegnere Franz Martinelli, che provarono a presentare un importante progetto nell’ambito di intervento legato allo sviluppo economico e comunitario e sull’aspetto progettuale della formazione professionale per le giovani generazioni meridionali.

Con il via libera dell’Europa, sembra che la regione Puglia possa ritornare a coltivare un grano di alta qualità, tra cui appunto le varietà antiche, riuscendo a sviluppare una nuova idea di territorio, valorizzando le piccole comunità e incentivando all’innovazione dell’intera filiera cerealicola grazie alle tecnologie satellitari, alle piattaforme digitali di risparmio idrico e ai sensori di controllo e monitoraggio dei terreni e delle colture.


di Domenico Letizia