Evoluzione storica del sistema bancario italiano

Conoscere, per grandi linee, l’evoluzione storica del sistema bancario italiano è lo strumento indispensabile per comprendere l’operatività di oggi delle banche italiane. Le norme che disciplinano l’attività bancaria rappresentano il risultato di un lungo e articolato processo, che dev’essere necessariamente suddiviso in fasi.

La prima fase era caratterizzata dal prevalere di teorie economiche di tipo liberistico. Le banche svolgevano la loro attività creditizia senza particolari vincoli, in quanto l’attività bancaria non era regolata da norme specifiche. La legislazione si limitava ad alcuni aspetti particolari dell’attività e mancava una disciplina organica del settore. L’assenza di controlli causò una serie di fallimenti bancari, il cui apice si manifestò nel 1921 con il clamoroso dissesto della Banca italiana di Sconto (i depositanti persero parte dei loro risparmi). Lo stato di crisi della Banca era stato causato dallo squilibrio tra la raccolta del risparmio – rimborsabile a vista – e la concessione di finanziamenti a breve, medio e lungo termine, ossia il prevalere di una forma mista dell’attività bancaria, tipica del modello bancario misto tedesco, con la quale le banche fornivano sostegno alle imprese industriali, sia con prestiti a lunga scadenza che con le partecipazioni azionarie nelle società.

Molte industrie, colte impreparate dalla crisi economica di allora, non erano più in grado di rimborsare i finanziamenti ottenuti dalle banche creditrici e crearono i presupposti del dissesto di alcune banche di rilevanza nazionale, quali il Credito Italiano, il Banco di Roma e la Banca Commerciale italiana. La crisi di liquidità di molte banche era causata dalla manca di correlazione tra le operazioni di provvista dei fondi (raccolta del risparmio) e l’impiego dei fondi (finanziamenti alle imprese a medio lungo termine) causarono l’apertura di un dibattito politico sulla necessità di riformare il sistema bancario.

Diversi progetti di legge sfociarono nel 1926 in alcuni decreti poi convertiti in legge. Le nuove norme erano dirette a evitare nuovi dissesti bancari, attraverso un generale ordinamento del settore del credito rivolto a dare stabilità alle banche e, di conseguenza, a proteggere gli interessi dei risparmiatori ormai scottati dai ripetuti fallimenti di banche, che li aveva indotti a conservare a casa i propri risparmi. A partire dal primo luglio del 1926 diventò unico Istituto di emissione della moneta la Banca d’Italia e venne soppressa la facoltà del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli di stampare moneta. Fu attribuita alla Banca d’Italia la vigilanza sul sistema bancario e venne istituito l’albo delle banche. Le tre banche d’interesse nazionale – Banca Commerciale italiana, Banco di Roma e Credito Italiano – de facto fallite, vennero acquisite dallo Stato, che così entrò prepotentemente nell’economia in quanto nuovo proprietario delle banche nazionalizzate e indirettamente acquistò la proprietà delle imprese finanziate dalle stesse aziende di credito in crisi.

Nel 1931 nacque l’Imi (Istituto mobiliare italiano) e nel 1933 l’Iri (Istituto per la ricostruzione industriale) al quale furono conferite le partecipazioni nelle banche e nelle imprese. L’Italia diventò un sistema economico misto. Nel 1936 con il Regio decreto legge del 12 marzo – numero 375 – venne realizzata una completa riforma bancaria, strutturando il sistema creditizio in forma rigorosamente gerarchica e istituendo distinte categorie di Aziende di credito specializzate (modello puro o di tipo inglese). La riforma separò nettamente il credito ordinario a breve termine, che poteva essere effettuato dalle banche di credito ordinario, da quello di medio e lungo termine erogato dagli Istituti di credito speciale. In sostanza, le banche dovevano operare correlando la raccolta con l’impiego di fondi. Le banche di credito ordinario finanziavano a breve, in quanto raccoglievano il risparmio con rimborso a vista. Gli Istituti di credito speciale potevano finanziare a lungo termine, in quanto si finanziavano con una raccolta a lungo termine. Il nuovo Testo unico sulla legge bancaria stabilì rigorose limitazioni alle erogazioni di finanziamenti allo stesso gruppo societario e vietò la partecipazione delle banche nelle imprese.

La riforma del 1936 restò in vigore, senza sostanziali variazioni per quasi sessanta anni, fino all’entrata in vigore del nuovo Testo unico del primo settembre 1993 numero 385. Durante tutto il periodo di vigenza del Testo unico sulla Legge bancaria del 1936 i risparmiatori, grazie alla tutela indiretta dello Stato, non subirono perdite dei propri risparmi.

Aggiornato il 13 gennaio 2022 alle ore 15:47