Vita e morte del denaro

martedì 24 agosto 2021


La storia monetaria del mondo, come la conosciamo oggi, è iniziata cinquant'anni fa, il 15 agosto 1971 con l’eliminazione dal sistema monetario mondiale del “denaro di ultima istanza”, l’oro. Si trattò di una trasformazione epocale, dopo che per duemilacinquecento anni la moneta aveva sempre esplicitamente o implicitamente fatto riferimento al metallo prezioso.

Dalla fine delle guerre napoleoniche, la circolazione monetaria era consistita prevalentemente in strumenti di credito, come banconote e depositi, convertibili in oro a richiesta e, a copertura della loro circolazione, le banche detenevano il metallo come riserva primaria. Tale regime era un freno all'inflazione: se le banche emettevano liquidità eccessiva, il pubblico aveva la facoltà di convertire banconote e depositi in oro. Nel sistema aureo, o gold standard, il debito pubblico godeva della massima fiducia e di un corso stabile perché rappresentava l’impegno al pagamento di cedole e capitale convertibili nel denaro per eccellenza. Se i governi riducevano il tasso di interesse a livelli troppo bassi per finanziare più debito, penalizzando però il rendimento del risparmio, il pubblico si sbarazzava dei titoli di debito per acquistare l'oro. Le banche, allora, per richiamarlo nei loro caveau si vedevano costrette a rialzare il tasso di interesse per rendere l'acquisto dei titoli di debito più conveniente rispetto al metallo prezioso. Nel sistema aureo, la sovranità monetaria era pertanto nelle mani del pubblico, cioè del mercato, non in quelle dell’elite dirigista.

Nel periodo fra le due guerre mondiali, varie conferenze monetarie mondiali cominciarono a indebolire l'efficacia del ruolo dell’oro nella circolazione e, verso la fine della seconda guerra, fu creato un regime in cui il metallo non circolava più tra privati ma esclusivamente tra le banche centrali. Questo sistema chiamato regime a cambio aureo, o gold exchange standard, si basava su cambi fissi dove il dollaro, designato come chiave di volta del sistema, era ancorato all'oro al prezzo fisso di trentacinque dollari l’oncia e le valute dei paesi alleati ancorate al dollaro e quindi indirettamente, all’oro. In teoria il dollaro, come principale valuta di riserva legata permanentemente al metallo, non avrebbe mai dovuto svalutarsi.

Tuttavia il gold exchange, come tutte le riforme monetarie ispirate dalla politica, si scontrò con la realtà e la realtà vinse. Non si poteva inchiodare l’oro a un valore fisso e arbitrario della valuta di riserva e al tempo stesso continuare a inflazionarla senza destabilizzare il cambio. Nel fissare il prezzo di un bene rispetto a un altro il problema è che aumenta la domanda di quello sottovalutato e diminuisce quella del bene sopravvalutato. La crescente spesa pubblica statunitense svalutando il dollaro peggiorò le ragioni di scambio dei paesi alleati poiché, con valute sottovalutate artificialmente dal cambio fisso, acquistavano meno di quanto il loro potere d’acquisto avrebbe permesso, mentre gli Usa con un dollaro artificialmente sopravvalutato, potevano acquistare all’estero beni e servizi più di quanto consentito dal suo valore reale. Era inevitabile che si verificasse una divergenza tra il prezzo ufficiale dell'oro e quello del mercato libero e cominciò la corsa al metallo.

L'insostenibilità della situazione costrinse nazione dopo nazione ad abbandonare il tasso di cambio fisso e a richiedere la conversione dei dollari in oro provocando un'emorragia dalle riserve statunitensi. Per tamponarla, l'allora presidente americano Richard Nixon, il 15 agosto del 1971, dichiarò l'inconvertibilità della valuta americana, facendola fluttuare nel mercato. Questo deliberato e inevitabile default svalutò il dollaro, demonetizzò l’oro e il mondo sprofondò di colpo nel regime, tuttora operante, delle valute irredimibili e fluttuanti in perpetuo deprezzamento. 

La caratteristica più negativa di questo reset monetario, foriero di tutte le crisi che hanno stravolto l’economia e finanza globale fino a oggi, saccheggiando i risparmi della collettività, fu che le riserve auree vennero sostituite da quelle cartacee rappresentate dal debito pubblico cosicché, la circolazione monetaria non ha più poggiato su una base sicura e indipendente di ricchezza, ma su passività irredimibili. A differenza di imprese produttive, i governi che vivono sul denaro dell'elettorato, non producono nulla e si indebitano per consumare senza né l'intenzione né i mezzi per rimborsare. La circolazione basata sull’oro, invece, aveva svolto un ruolo equivalente a un dispositivo di sicurezza: regolava la quantità e la qualità di debito prevenendo la formazione di quello tossico. Una volta liberati dalla preoccupazione di riscattare le valute nei mercati mondiali, i governi hanno gonfiato i propri debiti senza fine appoggiati dalla politica di stimoli di quei comitati di burocrati chiamati banche centrali che, col controllo dittatoriale sul denaro, hanno evocato trilioni di unità monetarie per acquistare debito insolvente a loro esclusiva discrezione.

Il passaggio ai tassi di interesse negativi per mantenere livelli di indebitamento insostenibili è stato il punto di non ritorno che ha minato per sempre i mercati del debito sovrano mettendo in moto il disfacimento del regime monetario più socialmente distruttivo della storia con conseguenze di una portata e effetti che si estenderanno oltre ciò che la maggior parte delle persone immagina.

Quando passività irredimibili circolano come denaro non possono più essere né condonate né eliminate senza evitare una grave contrazione monetaria e quindi una depressione. D’altra parte, tendendo ad aumentare in modo incontrollato arrivano al punto oltre il quale, come nel combustibile nucleare, si instaura una reazione a catena. Il regime imposto cinquant'anni fa è giunto al termine e i politici sanno che non possono più indebitarsi a tempo indeterminato. Per continuare a farlo senza conseguenze fiscali dovranno svincolare il denaro dal debito e creare un regime di valute di pura finzione emesse direttamente dalle tesorerie di stato o da qualche istituzione sovranazionale. Tale ristrutturazione del sistema sarà accreditata come nel passato da qualche conferenza monetaria mondiale? O emergerà da un conflitto fra paesi concorrenti? Oppure sarà imposta da una prossima ondata di panico? Ancora non sappiamo. Quello che sappiamo sul prossimo regime è che è una nuova catastrofe in attesa di accadere. 


di Gerardo Coco