Autonomi e Partite Iva: utili al Paese, ignorati dal Governo

venerdì 9 aprile 2021


A distanza di poche ore dalla manifestazione dei ristoratori a Montecitorio, un’altra larga fetta del mondo produttivo, rappresentata da autonomi e Partite Iva, è scesa in piazza per esprimere le difficoltà innescate dalla pandemia.

Tredici mesi trascorsi inseguendo norme restrittive, chiusure imposte senza il conforto di dati certi, e sostegni insufficienti per l’esercito dei lavoratori autonomi che in Italia, alla fine del 2019, risultava essere il più corposo d’Europa, con circa 5 milioni di professionisti, ovvero il 21,7 per cento degli occupati totali.

Numeri per i quali ogni riforma del lavoro dovrebbe tenere conto, ma questo, ovviamente, in un Paese ideale, e non con un ministro del Lavoro, Andrea Orlando, di chiara matrice statalista e distante anni luce dalle voci dell’Italia che produce.

Nel più svogliato agone della politica si è invece lungamente ignorata la complessità del tema, arrivando all’apice di un malessere sfociato nelle caotiche manifestazioni di questi giorni, acuito anche dal trattamento deluxe riservato a dipendenti pubblici e garantiti, i cui stipendi, mai intaccati in questi mesi, sono anche cresciuti.

Le Partite Iva non chiedono mance e mancette, vorrebbero solo tornare a lavorare in sicurezza. Perché teatri, cinema e palestre non possono riaprire i battenti, magari con ingressi limitati, e autobus e supermercati invece sono traboccanti di persone?

Si dirà, sono servizi necessari. Bene, allora se lo Stato si arroga il diritto di chiudere, deve compensare con ristori congrui e tempestivi. Al contrario, stupefacente è la lentezza con cui la macchina burocratica si sta avviando per attuare le già striminzite misure di sostegno: in attesa del decreto che determina lo scostamento di bilancio e i successivi passaggi parlamentari, i risarcimenti arriveranno con il sole dell’estate.

Per non parlare delle norme attuative dell’anno bianco contributivo e dell’Iscro (indennità per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps), di cui ancora non si hanno notizie. Partorite con la legge di bilancio dormono ancora nel cassetto, eppure sarebbero provvidenziali a far respirare e ripartire il lavoro autonomo.

E si può tacere sulla mancata proroga della scadenza 31 maggio delle cartelle esattoriali che scadevano nel 2020? Non sono somme dovute per mancate dichiarazioni di redditi, la maggior parte sono persone che non ce la fanno a pagare quanto hanno dichiarato.

E ser per molti sarà comodo puntare il dito contro la pandemia, i dati del biennio 2018/2019, nei quali si registrava un calo del -6% delle partite attive in Italia, sono lì a dimostrare l’ormai illustre anzianità dei problemi irrisolti fra politica, autonomi e Partite Iva, in un triangolo delicato al quale il virus ha solo dato il colpo di grazia.  

Stante i noti, atavici problemi – dall’iniqua pressione fiscale alla mancanza di un welfare adeguato – la pandemia si è quindi presentata come uno tsunami all’interno di un mare già in tempesta.

Con questo pregresso, il presidio di Roma dell’8 aprile ha visto sfilare le associazioni di categoria, unite in un accorato appello per chiedere a Mario Draghi di risolvere i problemi di ieri e quelli di oggi: dalla riapertura delle attività commerciali alla rivisitazione dei riconoscimenti per le perdite aziendali; dalla costituzione di specifici sportelli per autonomi e partite iva presso le amministrazioni locali, alla sospensione di tassazione, contribuzione, costi fissi, utenze commerciali, protesti e cartelle esattoriali 2020-2021.

Domanda: quanto può reggere un sistema nel quale chiunque non lavori per lo Stato si trova costretto a denunciare lo sfinimento della propria condizione economica, sociale e occupazionale?

Quando arriverà il momento di concentrarsi sul quotidiano delle Pmi, dei professionisti e di tutta quella infinita massa di lavoratori operosi che chiedono il rispetto per la dignità del lavoro?

Gran parte della spesa statale avviene nell’illusione che qualcun altro pagherà, diceva Friedrich von Hayek. Non vorremmo che quel qualcun altro fossero sempre, sempre e sempre, le Partite Iva.

 

 


di Maria Capozza e Luca Bonanni