La storia dei valichi

Nel lontano 1984, quando iniziarono i lavori del Piano Generale dei Trasporti, come ho ricordato più volte, l’obiettivo portante della iniziativa era basata essenzialmente sulle riforme dell’intero sistema della offerta dei trasporti nel Paese. Tra gli obiettivi prioritari c’era quello di ridare ruolo e funzione strategica al trasporto ferroviario. I dati erano in calo in tutta l’Europa: l’Italia era passata da una percentuale del 16 per cento ad una percentuale dell’11 per cento, almeno per le merci e anche gli altri Paesi come la Germania dell’Ovest dal 28 per cento era scesa al 24 per cento. Il Commissario della Unione europea, Clinton Davis, aveva informato la Commissione e tutti i Paesi della Unione (nel 1985 fatta solo di 12 Stati) che in mancanza di un rilancio organico della offerta ferroviaria, cioè non legata alla organizzazione della offerta all’interno dei singoli Paesi ma integrata a scala europea, la offerta ferroviaria stessa, nell’arco di un decennio, sarebbe diventata una modalità non essenziale. Addirittura l’intero assetto comunitario sarebbe stato supportato da una sola modalità di trasporto e la rete ferroviaria sarebbe diventata “residuale”.

Quel rischio, quella inarrestabile tendenza avrebbe provocato automaticamente una serie di danni in termini di costi della mobilità e, soprattutto, avrebbe prodotto un rilevante inquinamento atmosferico. L’allarme sollevato dal Commissario Davis non era, ripeto, mirato solo ad una riorganizzazione e ad un rilancio delle singole reti ferroviarie, ma della intera rete europea. Il nostro Paese ed in particolare il Dicastero dei Trasporti preposto alla redazione del Piano generale condivise subito l’allarme e ritenne opportuno porre come condizione prioritaria l’approfondimento del sistema dei valichi lungo l’intero arco alpino.

Per i redattori del Piano Generale dei Trasporti, tra cui il Premio Nobel Wassily Leontief, il rilancio della offerta ferroviaria era possibile solo rendendo la intera rete integrata in termini di omogeneità tecnica (stesse caratteristiche nella erogazione di energia, stesse caratteristiche nel sistema di segnalamento) ma, soprattutto, garantendo una reale osmosi tra le reti assicurando proprio la realizzazione degli anelli mancanti presenti in particolare nell’attraversamento della catena dei Pirenei, nell’attraversamento delle Alpi. L’Italia aveva un dato di riferimento sulla quantità di merci transitate nel 1967 pari globalmente a circa 19 milioni di tonnellate e nel 1986, come si evince dalla Tabella riportata di seguito, tale valore era salito a 65,9 milioni di tonnellate e nel 2006 a quasi 128 milioni di tonnellate:

Nel 2016 il valore dei transiti ha raggiunto la soglia di 209,4 milioni di tonnellate di cui 70,4 milioni di tonnellate su ferrovia e nel 2020 tale valore ha superato la soglia dei 218 milioni di tonnellate. Al riguardo è sufficiente porre in evidenza alcuni dati:

– più del 70 per cento dei flussi di import ed export dell’Italia con gli altri Paesi dell’Ue e quasi il 60 per cento dei medesimi flussi su scala mondiale passa attraverso l’arco alpino;

il trasporto stradale, con oltre il 50 per cento del valore delle merci scambiate nel 2018 con i Paesi Ue (275.347 milioni di euro su un totale di 510.874 milioni di euro relativo a tutte le modalità di trasporto), rappresenta ancora la modalità più rilevante negli interscambi commerciali.

Fu quindi il Piano Generale dei Trasporti a porre come condizione essenziale per una integrazione organica tra il Paese e l’Europa la realizzazione di tre nuovi valichi ferroviari (il tunnel sulla Torino-Lione, il San Gottardo, il Brennero) e l’adeguamento del valico del Sempione.

Non possiamo sottovalutare i vantaggi attesi dal completamento del nuovo asse ferroviario Torino-Lione, dal completamento del tunnel del Brennero, dal completamento del nuovo tunnel del San Gottardo. Con la realizzazione del nuovo tunnel ferroviario Torino-Lione lungo oltre 56 chilometri si ottengono, oltre alla fluidificazione dei transiti e, quindi, al superamento dei vincoli posti dall’attuale tracciato, i seguenti vantaggi:

– la riduzione annuale di emissioni di gas serra pari a circa 3 milioni di tonnellate equivalenti di Co2;

– lo spostamento di un milione di mezzi pesanti dalla gomma al ferro.

Inoltre, l’89 per cento del tratto transfrontaliero è realizzato in galleria, mentre la maggior parte degli impianti in superficie sono collocati su aree già antropizzate, azzerando di fatto il consumo di suolo vergine. Tuttavia, mentre i lavori del nuovo tunnel sono in corso, il collegamento tra il nodo ferroviario di Torino e l’inizio della tratta frontaliera comune italo-francese dispone ancora solo di un progetto preliminare dell’importo di circa 2,3 miliardi di euro.

Con la costruzione della galleria di base del Brennero tra Fortezza e Innsbruck il tracciato avrà una lunghezza di 55 chilometri rispetto ai 75 chilometri della linea storica e una pendenza massima del 7 per mille rispetto all’attuale 26 per mille. Sul nuovo tracciato i treni potranno viaggiare ad una velocità massima di 250 chilometri, riducendo così i tempi di percorrenza dagli attuali 80 minuti a 25 minuti.

Mentre i lavori del tunnel di base sono in corso, il tratto ferroviario Verona-Fortezza è stato bandito solo un anno fa ed aggiudicato solo ultimamente. Il tracciato si sviluppa in due gallerie a doppia canna, Scaleres e Gardena, della lunghezza rispettivamente di 15,4 e 6,3 chilometri, collegate da un ponte sul fiume Isarco. Il valore delle opere è pari a circa 1,52 miliardi di euro.

Con il completamento del tunnel del San Gottardo (con i suoi 57 chilometri il più lungo del mondo) i treni passeggeri sono ora in grado di viaggiare su un tracciato sostanzialmente pianeggiante alla velocità di 200 chilometri (potenzialmente estendibile fino a 249 chilometri), riducendo i tempi di percorrenza per i trasporti ferroviari transalpini da Zurigo a Milano di circa 30 minuti e con la apertura della galleria di base del Monte Ceneri di circa 60 minuti. Il collegamento si innesta sula tratta italiana Arcisate-Stabio. Questa tratta, entrata ufficialmente in funzione il 7 gennaio 2018, ha una lunghezza complessiva di circa 8,4 chilometri e rende possibile un collegamento funzionale tra la Lombardia e la Svizzera e il centro Europa.

Per quanto concerne il Sempione, il Governo elvetico si appresta a destinare ulteriori 134,5 milioni per adeguare anche l’itinerario che riguarda il collegamento tra Domodossola e il Sempione. La motivazione è molto semplice: con il dicembre 2020 si concludono puntualmente tutti gli interventi, ma solo quelli essenziali, previsti per adeguare i corridoi alpini per i treni merci intermodali senza limiti di sagoma e di lunghezza standard. Si tratta quindi di opere indispensabili, portate a conclusione, ma realizzate a macchia di leopardo.

Per esempio, è stato escluso nella prima fase l’adeguamento piuttosto impegnativo della linea Arona-Stresa-Domodossola in quanto già disponibile la quasi parallela linea Novara-Borgomanero-Domodossola, seppur a singolo binario. Gli interventi previsti ora riguardano quasi esclusivamente quello noto come “corridoio dei quattro metri”, che permette di trasportare su rotaia semirimorchi stradali con altezza agli spigoli di quattro metri e larghezza fino a 2,60 metri da Basilea a Chiasso e Luino, senza interruzione fino ai terminal di trasbordo nell’Italia del nord.

Ma i lavori più impegnativi riguardano la linea tra Domodossola e Arona che a sud si dirama nei due itinerari di Sesto Calende e Novara. Qui, oltre a eliminare ostacoli per la sagoma sulle tratte a cielo aperto, come segnali, pensiline e linee di contatto, occorre intervenire su dodici gallerie che messe insieme raggiungono una lunghezza che sfiora i sei chilometri. Obiettivo dell’intesa tra Italia e Svizzera è terminare i lavori entro il 2028 per un importo complessivo di 237,5 milioni di euro, dei quali 134,5 messi a disposizione dalla Svizzera a fondo perduto.

In realtà nel 2028 disporremo di un numero di tunnel ferroviari attraverso le Alpi di oltre 160 chilometri; mai i redattori del Piano Generale dei Trasporti avrebbero immaginato che una loro intuizione avrebbe dato origine ad una simile operazione chiave per la crescita economica dell’Europa.

Ma prima di concludere questo mio approfondimento su una delle più grandi scelte infrastrutturali del nostro Paese, voglio soffermarmi su una considerazione: durante i lavori del Piano Generale dei Trasporti, durante la definizione del Programma delle Infrastrutture Strategiche definite all’interno della Legge 443/2001 (Legge Obiettivo), le Regioni del Mezzogiorno hanno sempre sostenuto la realizzazione di questo davvero encomiabile sistema connettivo rappresentato dai valichi, di questo sistema che rendeva soprattutto il settentrione del Paese sempre più legato alle convenienze economiche del centro Europa. Nella realizzazione delle infrastrutture del Sud, dall’alta velocità al Ponte sullo Stretto, dalle reti stradali ai sistemi integrati metropolitani, le Regioni del Nord sono rimaste, nel migliore dei casi, assenti. Non voglio esasperare un comportamento che certamente non offre una bella immagine di una vasta area del Paese quale quella del Nord, né voglio denunciare una dicotomia che sembra insuperabile, voglio però ancora una volta ricordare la correttezza e il senso di responsabilità della gente del Sud.

Quindi, grande visione strategica e lungimirante del Piano Generale dei Trasporti nel 1984 ma, escluso il tunnel del San Gottardo, realizzato dalla Svizzera, l’avanzamento dei lavori non dei vari tunnel ma dei collegamenti interni al nostro Paese tra le singole reti ed i tunnel sono ancora a livello progettuale o alcune opere affidate solo ultimamente. Eppure senza questi anelli mancanti si penalizza la logistica che garantisce scambi annuali che superano, come detto in precedenza, il valore di 500 miliardi di euro e questa che ho definito folle forza dell’inerzia, esplosa in modo grave soprattutto negli ultimi sei anni, non è da addebitare alla inerzia della Pubblica amministrazione, ma alla inerzia irresponsabile di chi, ricoprendo ruoli istituzionali, ha in questi oltre quaranta anni sottovalutato questa grande tematica che rivestiva e riveste tuttora un respiro sovranazionale. Un interesse non solo logistico ma, soprattutto, economico; in tal modo inseguiremo la crescita ma non la raggiungeremo mai.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 09 aprile 2021 alle ore 15:04