Misure anti-Covid: Italo rischia di deragliare

Con i treni ad Alta velocità sottoposti ad un riempimento fino al 50 per cento, Italo rischia in due mesi di chiudere. La società privata, che dal 2012 fa concorrenza a Trenitalia, lancia l’allarme sulla propria sopravvivenza, ma anche sulle ripercussioni per l’occupazione (in ballo ci sono 1.500 famiglie, 5mila contando l’indotto), oltre all’impatto sul libero mercato, tornando in pressing perché si modifichino le attuali misure anti-Covid, che per l’Av sono più restrittive rispetto a tutti gli altri mezzi di trasporto.

Il Comitato tecnico-scientifico ha infatti deciso, nella riunione di martedì, di non cambiare le regole per l’occupazione dei posti sui treni ad alta velocità. Con il risultato che ora abbiamo “una norma Arlecchino. Gli aerei sono al 100 per cento da settimane, il trasporto pubblico locale e i treni regionali vanno all’80 per cento. Mentre per l’alta velocità resta il tetto del 50 per cento”, evidenzia l’a.d. Gianbattista La Rocca in un’intervista a la Repubblica. Questa situazione però rende ancora più difficile ora per Italo garantire l’offerta, che è già stata ridotta in questi mesi per la situazione sanitaria e conta oggi 87 treni al giorno rispetto ai 112 del periodo pre-Covid.

Lavoriamo in condizioni insostenibili per un’azienda: oggi non copriamo nemmeno i costi operativi”, sottolinea La Rocca, ricordando che in 9 anni la società ha acquistato 51 treni “che vanno pagati”. “La situazione è ingestibile” e “con questo livello di ricavi l’azienda non ce la fa a stare in piedi”, avverte il manager, evidenziando che se la situazione resta questa, dal primo ottobre i servizi verranno ridotti da 87 a 60 e “nel giro di due mesi ci fermeremo con gravi ripercussioni sull’occupazione”. Eppure Italo ha adottato 14 misure di sicurezza “in linea se non migliori rispetto ad altre tipologie di spostamenti”, spiega La Rocca, che dietro alla “chiusura” del Cts sospetta che ci siano “motivazioni squisitamente politiche”.

Questa situazione, inoltre, penalizza più Italo che il competitor Trenitalia, osserva La Rocca: loro operano anche gli Intercity e i regionali, che sono tratte sussidiate, mentre “noi - puntualizza - andiamo avanti con le nostre forze”. Italo aveva archiviato il 2019 con un utile netto di 151,42 milioni, in aumento dai 92,9 milioni del 2018. Poi però proprio per l’arrivo del Covid si è deciso di non distribuire il dividendo e decurtare i compensi dei manager per garantire la liquidità. È da mesi che la società mette in guardia dai rischi derivanti da questa situazione: già a maggio Flavio Cattaneo avvertiva che “viaggiando al 50% della capienza i treni non arrivano al break even e noi dovremo tenerli nei depositi”; ad agosto La Rocca lamentava il fatto che i treni venissero penalizzati rispetto agli aerei e quantificava che per Italo i costi della pandemia “superano i 200 milioni di euro”.

Aggiornato il 17 settembre 2020 alle ore 18:54