P.A. invecchia ancora, presto più pensionati che attivi

C’era una volta l’impiegato pubblico. Non è l’inizio ma potrebbe essere questo l’epilogo della storia che apre il Forum Pa, la tradizionale kermesse sulla macchina statale, arrivata quest’anno alla sua trentunesima edizione.

Lo studio presentato per l’occasione, stavolta tutta in digitale, rileva che tra poco, dai ministeri alla scuola, i pensionati supereranno gli attivi. L’invecchiamento della forza lavoro e il mancato ricambio generazionale sono fenomeni conosciuti anche in altri settori dell’economa e non solo. Nella P.a., però, assumono proporzioni sempre più eclatanti. Tutto è nei numeri.

Oggi a fronte di 3,2 milioni di dipendenti in carica ne abbiamo 3 milioni a riposo. Con la spinta alle uscite anticipate data da “Quota 100”, presto, molto presto, il sorpasso sarà cosa fatta. D’altra parte sono oltre mezzo milione coloro che hanno superato i 62 anni, praticamente uno su sei. E ce ne sono altri duecentomila, quasi, che hanno raggiunto i 38 anni di anzianità. La somma tra anagrafe e carriera ha visto andare in pensione circa novantamila persone l’anno scorso. Altrettante lo faranno quest’anno, almeno stando alla stima. Le assunzioni continuano invece a latitare. Colpa del blocco del turnover, imposto dalla legge, fino a novembre del 2019. Solo pochi mesi dopo l’Italia ha dovuto affrontare l’emergenza Covid-19. Per ovvie esigenze si è di nuovo intervenuti per decreto bloccando i concorsi. Il conto dei posti messi a bando tra l’autunno scorso e questa primavera si ferma ad appena 22mila, se si esclude il comparto dell’istruzione per cui vigono altre regole. E da quando la P.a. si accorge di avere la necessità di assumere qualcuno a quando ciò si traduce in realtà passano “quattro anni”. Nel frattempo il mondo cambia. Sempre con le cifre, lo studio sembra ribattere a quanti sostengono che l’Italia di impiegati pubblici ne abbia tuttora troppi. Considerando il rapporto fra il numero di dipendenti P.a. e il totale dei residenti, il dato italiano è il meno elevato” rispetto a quello dei Paesi con cui si è abituati a fare confronti, dalla Francia al Regno Unito.

La ministra della P.a., Fabiana Dadone, però ricorda che con il dl Rilancio si cambia passo. Procedure digitalizzate e più snelle consentiranno un rimpiazzo veloce, la rassicurazione. Non solo. Cambia anche l’idealtipo del dipendente pubblico. La Pubblica amministrazione è a caccia di “talenti”, spiega Dadone. Da strappare ad aziende private e Paesi stranieri. Per questo nelle prove compariranno anche ‘quiz situazionali’, già spuntano i primi bandi di questo genere. L’obiettivo è arrivare a misurare competenze che vadano oltre le nozioni, come la capacità di fare squadra e reagire a condizioni di stress. Per una P.a., Dadone lo scandisce, che non sia più percepita “come l’ultima spiaggia per chi vuole trovare un posto che duri tutta la vita”.

Che l’amministrazione abbia in sé potenzialità lo dimostrerebbe la svolta, “forzata”, verso lo smart working. E ciò nonostante l’età media abbia oltrepassato i 50 anni. Secondo la ricerca, infatti, il lavoro agile avrebbe dato una spinta alla produttività, consentendo risparmi non trascurabili, -30% su bollette e altri costi fissi. Passata l’emergenza la novità non a caso sarà confermata, con percentuali per il lavoro da casa che non saranno “calate dall’alto” ma tarate sui singoli uffici, tiene a precisare Dadone. Resta critico il leader della Lega, Matteo Salvini: “Lasciare in smart working fino a dicembre i lavoratori del pubblico impiego mi sembra irrispettoso verso gli altri lavoratori, quelli del privato e gli autonomi”.

I sindacati invece insistono su assunzioni straordinarie.

Aggiornato il 07 luglio 2020 alle ore 13:11