Coronavirus, l’Istat sentenzia: “Oltre un’azienda su tre può chiudere”

Un’azienda su tre rischia la chiusura per il Covid. Anche hotel e ristoranti in pericolo”.

È questo il disarmante risultato di un’indagine condotta dall’Istat sulle imprese sopra i tre addetti. “L’impatto della crisi sulle imprese – sottolinea l’Istituto di statistica – è stato di intensità e rapidità straordinarie, determinando seri rischi per la sopravvivenza: il 38,8 per cento delle imprese italiane (pari al 28,8 per cento dell’occupazione, circa 3,6 milioni di addetti) ha denunciato l’esistenza di fattori economici e organizzativi che ne mettono a rischio la sopravvivenza nel corso dell’anno”. Secondo l’Istat, il pericolo di chiudere è più altro tra le micro imprese (40,6 per cento) e la piccole (33,5 per cento) ma è “significativo” anche tra le medie (22,4 per cento) e le grandi (18,8 per cento).

Oltre sei alberghi e ristoranti su dieci rischiano la chiusura entro un anno a seguito dell’emergenza Coronavirus mettendo in pericolo oltre 800mila posti di lavoro. Un’indagine dell’Istat indica che denunciano l’esistenza di fattori economici e organizzativi che ne mettono a rischio la sopravvivenza il 65,2 per cento delle imprese di alloggio e ristorazione (19,6 miliardi di euro di valore aggiunto). A queste si aggiungono il 61,5 per cento delle aziende dello sport, cultura e intrattenimento (con 3,4 miliardi di euro di valore aggiunto e circa 700mila addetti). Anche negli altri settori l’impatto è rilevante, interessando circa un terzo delle imprese della manifattura (4 miliardi di euro di valore aggiunto, 760mila addetti), delle costruzioni (1,3 miliardi di euro valore aggiunto, circa 300mila occupati) e del commercio (2,5 miliardi di valore aggiunto, poco meno di 600mila addetti).

La prospettiva di chiusura dell’attività è determinata prevalentemente dall’elevata caduta di fatturato (oltre il 50 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2019), che ha riguardato il 74 per cento delle imprese e dal lockdown (59,7 per cento delle imprese). I vincoli di liquidità (62,6 per cento delle unità a rischio chiusura) e la contrazione della domanda (54,4 per cento) costituiscono i principali fattori che hanno inciso sul deterioramento delle condizioni di operatività delle imprese mentre i vincoli di approvvigionamento dal lato dell’offerta hanno rappresentato un vincolo più contenuto (23 per cento).

Ma il sistema produttivo italiano “sta reagendo alla eccezionalità della fase economica” anche se in maniera differenziata per dimensione e livello di dinamismo). Più di un terzo delle imprese, si legge ancora nella Nota Istat (circa 360mila unità, 24,3 per cento degli occupati, 21,2 per cento del valore aggiunto) ha dichiarato di non avere adottato alcuna strategia per fronteggiare la crisi. Le imprese che hanno invece manifestato la volontà di predisporre strategie di reazione mostrano obiettivi organizzativi molto diversi: il 31,1 per cento (circa 10 per cento del valore aggiunto, poco più dell’8 per cento dell’occupazione) prevede di contrarre l’attività, l’occupazione e/o gli investimenti; il 27,1 per cento (30 per cento del valore aggiunto, quasi 32 per cento dell’occupazione) ha come obiettivo la crescita (dei prodotti, dei mercati, delle relazioni); il 41,8 per cento (poco meno del 34 per cento del valore aggiunto, il 37 per cento degli addetti), infine, sta riorganizzando e adattando la propria attività.

Aggiornato il 07 luglio 2020 alle ore 15:09