La banda dei 17 di Vittorio Colao

venerdì 17 aprile 2020


Ora che lo stellone di “GiuseppiConte si sta inesorabilmente appannando, è giusto noi tutti si porga più d’una domanda all’avvocato degli italiani. Soprattutto la gente vorrebbe sapere cosa ne ricaverà in futuro dall’essersi reso accondiscendente verso l’instaurazione del comitato abusivo e d’affari dei 17.

Che sembra proprio la ricetta Colao per liquidare gli ultimi scampoli d’Italia, per terminare quelle svendite e chiusure iniziate con la caduta di Bettino Craxi (ultimo presidente del Consiglio davvero italiano). Ma serve proprio una “task force” internazionale per questa Fase due del coronavirus? E Giuseppe Conte ha influito sulle nomine o le ha dovute in parte subire? Poi ci sono quei rumors, vari pettegolezzi, che accreditano il professor Guido Alpa (dove l’avvocato Conte s’è formato) in buoni rapporti con Vittorio Colao, pare consolidati dalla compravendita della Vodafone di De Benedetti a certi inglesi. Ma non scendiamo nel particolare, certi altarini prima o poi ci verranno narrati.

Resta il fatto che, il gruppo dei 17 è stato da qualcuno definito “Comitato d’affari dei 17”, perché decideranno in merito alle attività che avranno diritto o meno ad una ripresa lavorativa. Intanto Colao è già stato appellato “Caronte”, come il traghettatore infernale, sarà lui ad accompagnare l’Italia verso la “Fase 2 dell’emergenza pandemia”. E di traghettamenti Colao ne sa più di altri. Dopo aver lavorato presso la banca d’affari Morgan Stanley e poi in McKinsey & Company, nel 1996 assurgeva a direttore generale della Omnitel di De Benedetti: azienda telefonica poi traghettata (la fa vendere) agli inglesi. Nel 2004, dopo aver totalmente permesso la fuga di Vodafone sotto il sistema fiscale britannico, diventa amministratore di Rcs MediaGroup. Ma nel 2006 torna in Vodafone come amministratore delegato. Nel 2015 diventa amministratore dell’Unilever, la società globale di diritto olandese che ha acquistato più di quattrocento marchi nel campo alimentare, bevande ed igiene per la casa. L’Unilever ha sede a Rotterdam (Paesi Bassi, quindi Olanda) e poi a Londra: soprattutto è la multinazionale che ha acquistato i nostri Algida, Eldorado, Toseroni, Motta, Berolli, Calvé, Gradina, Foglia d’oro, Flora, Knorr, Findus, Milkana, i detersivi Omo, Coccolino, Svelto, Rexona, Dove, e poi i profumi Cerruti 1881, ed ancora la cosmesi Fissan. Insomma, la Unilever è l’azienda che dal 1992 ad oggi ha letteralmente razziato gli storici marchi italiani. Non ci sorprenderebbe se in queste manovre dei 17, tra aperture e chiusure, entrassero anche i licenziamenti totali in Whirlpool, Ilva, Conad… in modo da superare i fatidici 500mila disoccupati in più che, già prima della pandemia, venivano preventivati entro la primavera 2020 (calcolo che veniva fatto nel 2019): oggi vanno sommati anche i disoccupati della piccola e media impresa, ed il conto dovrebbe superare i dieci milioni.

Ma torniamo al nostro Colao, che nel maggio 2018 annunciava le dimissioni da Vodafone: qui ci si perde, perché scopriamo che era contemporaneamente amministratore sia di Vodafone che di Unilever. Ma dove paga le tasse Colao? La leggenda narra che sia cittadino anglo-olandese. Una sorta d’olandese volante, che come l’omonimo vascello fantasma solca i mari mondiali degli affari. Dal 2018 il buio, si sa solo che viaggia scortatissimo, che è amico (tramite De Benedetti) di George Soros e che conosce il gotha del fondo di Hillary Clinton. Questi ultimi sono più che interessati ad usare il 5G cinese in funzione anti-Trump.

Per farla breve, il comitato dei 17 esperti vede concentrarsi gli interessi delle multinazionali che, da circa trent’anni, ricordano ai governi italiani l’impegno a svendere gli asset, il cosiddetto “Sistema Paese”. Un comitato che ha già mangiato e digerito il piccolo Conte, ormai vittima di questa struttura: i 17 condensano la forza di Troika, Trilateral e Bilderberg. Soprattutto godono il favore dei “poteri bancari europei”, ecco perché Germania e Olanda si sarebbero chetate contro i problemi economici dell’Italia.

Anche perché Colao è il vicepresidente della lobby europea (ben presente a Strasburgo e Bruxelles) “Round Table of Industrialists”: struttura che tutela gli interessi delle grandi multinazionali, e che da tempo preme che si passi alla fase due anche di Ceta e altri accordi, per permettere alle security delle multinazionali d’affiancare magistrature e polizie nelle indagini contro chi aggredisce con campagne stampa e manifestazioni gli interessi dei colossi capitalistici (valga per tutti l’esempio della Tap petrolifera a Lecce).

Infatti ci chiediamo cosa ci faccia anche Peter Sutherland (vertice della Goldman Sachs) nel Comitato dei 17: la Goldman Sachs è la banca che nel 2011 usava lo spread contro l’Italia e ne chiedeva il default, il fallimento. Soprattutto desta sconcerto la presenza del diplomatico belga Étienne Davignon (già presidente del Bilderberg, erede d’una dinastia massonica francese) è tra gli esperti graditi a Colao, lo conobbe grazie a De Benedetti, ed era l’uomo applaudito da Soros come europeo alla guida d’integrazione ed immigrazione. Non è certo un caso che i nomi citati siano nell’elenco dei consulenti graditi ad Ursula von der Leyen (presidente della Commissione europea), al belga Charles Michel (già presidente del Consiglio europeo) e, ciliegina sulla torta, a Christine Lagarde (governatore della Bce). Non è casuale nemmeno la presenza di Enrico Giovannini nel comitato, l’accademico è uno dei membri del “Club di Roma”, fondato dall’imprenditore Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King (ma col gradimento di David Rockefeller, Giovanni Agnelli).

La domanda che dobbiamo porci: è perché l’ex amministratore delegato di Vodafone (Vittorio Colao), che per due anni ha studiato il 5G, viene ora posto a capo del gruppo di lavoro governativo? Non è affatto un caso che intendano utilizzare la tecnologia 5G per curare (spiare) la vita degli italiani. Infatti, molti sindaci starebbero già opzionando il 5G come tecnologia utile ad incrociare i dati di vita privata, movimenti e riconoscimento facciale di cittadini eventualmente sposti al contagio da “coronavirus”.

Del resto, Colao ha più volte parlato (come Vodafone Group) della futura sfida d’integrare l’intelligenza artificiale con quella umana, della simbiosi tra uomo e robot, e che tutto avrebbe un futuro grazie al 5G. “Ci sono dei requisiti da rispettare per governare il cambiamento – ha detto Vittorio Colao – Posti di lavoro che spariscono? Salari che potrebbero scendere? È questo quello di cui abbiamo bisogno per uscire dalla crisi. l’Italia è esempio di sperimentazione intelligente delle reti 5G di prossima generazione”. Allora ci domandiamo se l’alta tecnologia serva per farci superare la crisi o per controllare i cittadini fin nel proprio intimo? Di fatto il potere affidato a questo “Comitato dei 17” è totalmente abusivo. Fa parte del gioco golpistico che inghiottirà lo stesso Conte. Non è certo un mistero che le grandi banche d’affari ora vedano in Colao il successore di Conte, soprattutto in vista dei pignoramenti europei verso i beni degli italiani piccoli e medi e, poi, della svendita delle ultime grandi aziende. Come chiosa rammentiamo che una parte dei poteri italiani e dei vertici di forze armate e forze di polizia si sarebbero già messi a disposizione dei 17, mentre altri non vorrebbero mandar giù l’instaurazione di questo stato tecnologico di polizia.

Non vorremmo essere nei panni di Conte, perché lui stesso potrebbe finire stritolato dagli ingranaggi di sistema. E poi quei grillini, tanto antisistema da affidare le sorti dell’Italia a Vittorio Colao ed Étienne Davignon. La P2 a confronto era un gruppo di patrioti dilettanti.


di Ruggiero Capone