L’Olanda e l’inchiesta del ministro delle Finanze sull’Italia

lunedì 6 aprile 2020


Caro signor Wopke Hoekstra, ministro delle Finanze dei Paesi Bassi. Durante l’ultima sessione di marzo dell’Eurogruppo, lei ha avuto l’audacia di chiedere l’apertura di un’indagine sui Paesi che “lamentano” di non disporre delle risorse di bilancio necessarie per fronteggiare la crisi economica da coronavirus. Pensava soprattutto all’Italia, non c’è dubbio. Ma, se c’è una gestione finanziaria che andrebbe messa sotto inchiesta è proprio quella del suo Paese. Basta rileggere un’indagine pubblicata l’8 giugno 2019 da Il sole 24 Ore.

Lei che vanta miracolose virtù nella gestione del suo bilancio statale, ma dimentica che, accanto ad alcuni elementi di oggettiva efficienza amministrativa, il suo Paese fa propri anche modelli economici di accrescimento delle risorse interne, che riverberano consistenti danni economici sugli altri Paesi dell’Unione.

Le sfugge soprattutto che il rigore dei suoi conti si fonda anche, e soprattutto, sull’appartenenza del suo Paese all’Unione europea. Se l’Europa fallisce, i primi a farne le spese saranno proprio i Paesi come il suo, che hanno fatto dello spazio economico europeo e della finanza globale una risorsa primaria.

L’Olanda vive per il 75 per cento del settore terziario. Ospita il più grande porto d’Europa ed è il primo punto di accesso al mercato europeo. Dopo la Brexit si candida a diventare il primo centro finanziario globale, prendendo il posto finora occupato dalla piazza di Londra. Per tutto questo, sembra ovvio, signor ministro, ricordarle che dall’Olanda non si chiede tanto solidarietà quanto, più semplicemente, intelligenza politica e coerenza economica.

L’Olanda è stata definita come una grande carta moschicida che attira società da ogni parte d’Europa e del mondo. Anche l’Italia concorre ad alimentare le virtù del Suo bilancio, attraverso società primarie quali: Fca, Eni, Enel, Ferrero, Saipem, Telecom Italia, Illy, Luxottica Group, una holding Mediaset, che hanno scelto i Paesi Bassi come sede legale.

Non si può negare che fattori attrattivi dell’Olanda sono sicuramente l’efficienza burocratica e dell’amministrazione della giustizia. In questi campi l’Italia, e non soltanto, ha tutto da imparare. Tuttavia, l’attrattività prevalente del Suo Paese sta nell’aver adottato un regime tributario di assoluto vantaggio che, tra esenzioni fiscali e consentite elusioni è, per le holding di partecipazione di tutto il mondo, un vero e proprio paradiso fiscale.

Come ricorda Il Sole 24 Ore, l’organizzazione Tax Justice Network colloca l’Olanda al quarto posto tra i principali paradisi fiscali, dopo le Isole vergini britanniche, Bermuda e Cayman. Pullula di mastodontiche società di consulenza, al servizio di colossi internazionali (Google, Ikea), per assolvere funzioni di assistenza legale, contabile, amministrativa, di tesoreria, di compliance.

È il prototipo di un Paese dove migliaia e migliaia di società sono costituite e utilizzate unicamente per far transitare flussi finanziari “cartacei”, al solo fine di ridurre gli oneri impositivi in corso negli Stati di provenienza. Si tratta di società “cartiere” o “bucalettere”, come sono definite, prive di personale e di reali attività produttive.

Sempre Il Sole 24 Ore riferisce che il ministro Hoekstra, nel 2018, nell’ambito di un’informativa al Parlamento dell’Aja, ha comunicato che nei Paesi Bassi operano circa 15mila società finanziarie speciali, che movimentano 4.500 miliardi di euro all’anno con una tassazione imponibile di 199 miliardi.

In un recente rapporto del Parlamento europeo si legge anche che gli investimenti esteri in Olanda sono pari a più di cinque volte il Pil.

Di più. Il 20 novembre 2017 è avvenuto il contestato sorteggio che ha assegnato l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ad Amsterdam (728 impiegati), in scacco alle più fondate aspettative di Milano, che pur aveva destinato il Pirellone a sede dell’Agenzia.

L’Aja è sede di Eurojust (240 dipendenti), l’Agenzia incaricata di assistere le amministrazioni nazionali nella collaborazione per combattere il terrorismo e le gravi forme di criminalità organizzata. È anche sede di Europol (900 dipendenti), finalizzata alla lotta al crimine nei paesi dell’Unione.

Il nazionalismo del signor Wopke Hoekstra dunque non è semplicemente il prodotto dell’“istinto di conservazione”, ispirato dalla ragion di Stato. Lì c’è, purtroppo, anche l’insipienza. C’è anche l’assenza di ogni memoria storica delle ragioni ispiratrici dell’Europa. C’è soprattutto l’ottusità di non sapere che, senza un recupero delle nobili originarie motivazioni tutti, proprio tutti, hanno solo da perdere e niente da guadagnare dal fallimento dell’Unione.


di Guido Guidi