Come sopravvivere a Euro ed economia tedesca

A giudizio di molti operatori economici, tecnici, politici e larga parte dell’opinione pubblica, l’introduzione dell’Euro è stato un pessimo affare perché ha contribuito al dissesto economico che, da oltre un decennio, ha colpito soprattutto i Paesi economicamente più “deboli” all’interno della cosiddetta “Zona Euro”.

In pratica, la nostra economia è stata progressivamente imbrigliata in un complesso meccanismo, il cosiddetto Patto di stabilità e crescita, all’interno del quale non ha avuto più libertà di manovra e, quindi, non potendo più contare esclusivamente sulle proprie forze per superare le difficoltà finanziarie, ha dovuto richiedere, di volta in volta, “placet” esterni che ne hanno rallentato la crescita economica.

Ma, storicamente, la volontà di ricostruire le relazioni tra gli Stati europei è la ratio del Trattato istitutivo della Comunità economica europea firmato nel 1957 a Roma ed il risultato fu positivo perché le rivalità del Secondo conflitto mondiale erano ancora laceranti ed era giusto, quindi, lavorare alla ricostruzione, anche in vista di un rafforzamento economico del Vecchio Continente.

Fu un primo importante passo nella giusta direzione, ma in tempi decisamente più recenti, il processo d’integrazione è stato attuato attraverso ulteriori felici intuizioni quali la libera circolazione di persone e merci, che, come noto, ha reso più agevoli le relazioni commerciali ed interpersonali nel perimetro della cosiddetta “Area Schengen”.

Tuttavia, una cosa è rafforzare la Comunità europea consentendo la libera circolazione, ben altro è introdurre una “moneta unica” non amministrata centralmente ma rimessa ai governi locali, che restano autonomi, salvo il particolarissimo obbligo di rendiconto che è il rispetto del rapporto deficit-Pil al 3 per cento, previsto dal Patto di stabilità.

In effetti, “uniformare la moneta” senza uniformare, preventivamente, il “governo della moneta” attraverso una politica economica e monetaria comune ai singoli Stati in ogni suo aspetto per garantire un reale equilibrio finale, si è rivelata una mossa azzardata perché, medio tempore, ha comportato “oscillazioni” variabili da Stato a Stato e dipendenti dalla funzionalità dei rispettivi sistemi fiscali, delle disponibilità finanziarie e capacità economiche nonché dal controvalore della moneta al momento del cambio.

Quindi, l’Euro non è stata una trovata geniale, innanzitutto perché si tratta di una “moneta senza Stato”, parola di Giuliano Amato, quindi di un autentico “anacoluto”, perché introdotta senza i necessari passaggi intermedi logici e cronologici che avrebbero dovuto condurre ad una sua adozione non già come atto iniziale, come avvenuto, bensì come atto conclusivo e finale. In altri termini, è stato letteralmente messo il carro davanti ai buoi perché l’Euro doveva costituire, al più, l’atto “finale” a corollario di un governo europeo rappresentativo dei singoli Stati e che avrebbe dovuto avocare a sé la gestione a 360 gradi della politica economica e monetaria.

Premesso che per rafforzare economicamente l’Europa non c’era alcun bisogno di uniformarne la moneta, tuttavia, una corretta calibratura dell’Euro doveva coincidere con limitazioni di sovranità da parte dei singoli Stati, ricondotti a “Stati federali” come la Florida negli Stati Uniti.

Operazione, questa, anche presa in esame ma poi non realizzata perché, anche gli Stati meno “euroscettici” non avrebbero facilmente rinunciato alle loro guarentigie; tuttavia, soltanto attraverso la contestuale creazione degli “Stati Uniti d’Europa”, l’introduzione dell’Euro avrebbe avuto senso.

Detto ciò, una soluzione “intermedia” si poteva ottenere istituendo una “Autorità Garante della Moneta e degli Affari economici europei”, con competenze esclusive di politica “comunitaria”, in modo da garantirne il governo uniforme e senza oscillazioni “interne”, con gli Stati membri che avrebbero mantenuto la gestione degli interessi pubblici non direttamente incidenti sulla “materia comunitaria riservata”, quali la Giustizia, gli Interni, gli Affari esteri etc.. Soluzione, questa, forse più facile a dirsi che a farsi, ma sicuramente meno “ibrida” dell’organo “informale” a cui è stata affidata la risoluzione dei problemi della Zona Euro, il cosiddetto “Ecofin”, che è una semplice riunione di ministri competenti in materia senza particolari poteri di intervento diretto ma di semplice coordinamento.

Quindi, senza un “Governo”, senza un “Garante” e con “l’Ecofin” limitato ad un generico coordinamento, il “sostegno” all’Euro è stato affidato unicamente alla Banca centrale europea, che, in piena autonomia, stabilisce come e quando intervenire in caso di “turbolenze”.

Ma quis custodiet custodem? L’autonomia della Bce non è in discussione, tuttavia è anomalo che non ci sia nessuna istituzione in grado di fungere da contrappeso ai poteri della Bce, come è altrettanto anomalo anche che non vengano pubblicati i resoconti delle relative riunioni.

Alla domanda sul perché siamo entrati nell’Euro, le rassicurazioni del presidente Carlo Azeglio Ciampi durante il discorso di fine anno del 2001 erano state piuttosto confortanti: “Si entra nell’Euro per contare di più”. Ma che significa “contare di più”?

Evidentemente, avrà voluto dire il compianto ed illuminato presidente Ciampi, “contare di più” come Paese Italia, parte integrante di un’Unione monetaria sovranazionale, per sedersi al tavolo con altre economie mondiali per far sentire la maggiormente nostra voce al di fuori della “Zona Euro”. Ottima notizia.

Ma siamo sicuri che queste economie mondiali siano state a guardare noi che volevamo “contare di più” e, quindi, probabilmente “speculare” dal loro punto di vista, senza adottare adeguate contromisure per tutelare i loro interessi messi a rischio da questa novità rappresentata dall’Euro? Questo perché il mondo è pieno di speculatori finanziari, capaci di approfittarsi di una traballante Unione monetaria, varata con evidenti falle strutturali. Ci auguriamo che chi aveva il potere di farsi queste domande se le sia fatte al momento opportuno e che le risposte siano state convincenti.

Nonostante le rassicurazioni del presidente della Commissione europea dell’epoca, Romano Prodi, secondo cui: “Attraverso l’euro avremmo lavorato un giorno in meno per guadagnare come se avessimo lavorato un giorno in più”, tuttavia, c’era stato pure chi, come Margaret Thatcher, in un discorso al Parlamento inglese, aveva ammonito che: “L’Euro è una minaccia per la democrazia, porterà alla rovina soprattutto i Paesi con le economie più deboli”.

La previsione della “Lady di ferro” sembra più realistica visto che i Paesi che, al momento del loro ingresso nell’Euro, avevano, in rapporto al tasso di cambio, una moneta “carta straccia”, come la Dracma Greca, la Peseta Spagnola e la nostra Lira sono stati proprio i Paesi che, in tempi diversi, hanno pagato il prezzo più salato per la mancanza di una moneta nazionale di riferimento che, se ben calibrata, poteva essere immessa a sostegno e fungere da relativo paracadute, anche con un’operazione di “svalutazione”.

A conferma di ciò, i Paesi europei che attualmente risentono di meno della crisi economica sono fuori dall’Euro, come l’Inghilterra con un pil pari a +1,4%, la Russia con un +1,5%, la Svizzera con un +1,5 per cento. Perfino l’Ungheria, rimasta astutamente fuori dall’Euro, in questo momento ha un’economia più trainante della nostra, avendo un Pil addirittura pari a +4 per cento, fatti gli opportuni raffronti tra l’Italia ed il Paese magiaro.

Quindi, l’Euro ha creato instabilità quasi ovunque tranne, guarda caso, in territorio tedesco perché, quando fu immesso in circolazione, la Germania aveva una moneta che maggiormente si avvicinava al “controvalore” rispetto agli altri Paesi contraenti. Ciò ha comportato che la Germania abbia assorbito in modo indolore la nuova moneta avendo portato a casa il cambio più vantaggioso pari “solamente” a 50 centesimi di euro, mentre per noi il cambio è stato addirittura a 2mila lire, un salasso a giudizio di molti. La Germania, da subito, ha impostato la propria economia su basi egoistiche che gli hanno consentito di avere il primato commerciale ed economico della zona euro, complice, nel tempo, una politica maggiormente incentrata sull’esportazione e con una forte compressione della domanda interna. Inoltre, sebbene fosse oberata di debiti dopo la seconda guerra, negli ultimi anni era comunque riuscita a contenere il proprio indebitamento. Mentre l’Italia, fortemente indebitata, con le mani legate dal Patto di stabilità, non potendo più stampare la moneta né potendo “sforare” senza autorizzazione, si è dovuta ridimensionare, peraltro, sotto la costante minaccia dello “spread”.

Stesso discorso per le altre economie europee più deboli, mentre fa eccezione la Francia unicamente perché ha sfruttato le ottime relazioni intessute con Berlino negli ultimi 10 anni, anche se questa solida amicizia potrebbe andare in crisi per via del coronavirus.

Ora è auspicabile che la Banca centrale europea, la cui sede è a Francoforte, casualmente proprio in territorio tedesco, svolga in modo efficace ed imparziale la sua delicata funzione di sostegno dell’Euro, soprattutto in un momento in cui l’economia italiana e dell’Europa intera è minacciata dal coronavirus, “irrorando i mercati con una valanga di moneta”, come sollecitato da Mario Draghi che, da ex governatore della Bce, è uno dei pochi in condizioni di dare validi suggerimenti.

Nonostante tutto, uscire dall’Euro non è la soluzione ideale, almeno nel medio periodo, anche perché in tempi di Covid-19 tutto il resto deve passare in secondo piano. È preferibile concentrare le energie sul virus e sulle conseguenze devastanti per l’economia italiana ed europea, da ricostruire velocemente, appena passata l’emergenza sanitaria, impiegando le armi in questo momento a disposizione, seguendo, sia le indicazioni di Draghi e sia spingendo al massimo perché vengano emessi gli Eurobond al di fuori del Mes.

Infine, un plauso agli amici tedeschi visto che, anche grazie all’Euro, la Germania è diventato il Paese più potente d’Europa e l’ha colonizzata per la terza volta in 100 anni, stavolta senza annettere gli Stati confinanti, senza invadere la Polonia, senza guerra lampo, senza abbattere la Linea Maginot e senza patto Molotov-Ribbentrop...

Aggiornato il 06 aprile 2020 alle ore 15:23