Cura Italia e lo zuccherino dei contribuenti tempestivi

Eroi della patria? Nel decreto approvato ieri, sembra sia contenuta una disposizione per dare pubblico merito a quei contribuenti che, pur avendo (ai sensi dello stesso decreto) la facoltà di rinviare alcuni adempimenti fiscali, abbiano comunque effettuato i versamenti nei termini. Tali individui - secondo le bozze della norma - “possono chiedere che del versamento effettuato sia data comunicazione sul sito istituzionale del Ministero dell’Economia e delle finanze”. Una sorta di patacca online, un stella al merito dei contribuenti? Battute a parte, in questa facoltà ci sono molti dei paradossi della nostra amministrazione fiscale.

Intanto, la facoltà di rinviare i pagamenti poggia sulla fiducia in un provvedimento che, alla scadenza del 16 marzo (relativa al versamento del saldo Iva), appartiene alle indiscrezioni e ai comunicati stampa, ma non è ancora in Gazzetta Ufficiale. Quindi, tecnicamente, i contribuenti che non pagano sono in difetto col fisco, almeno fino a quando il rinvio non acquisterà forza di legge. Al netto di questo, che dire di quelli che hanno comunque fatto il loro dovere chi per senso civico (perché magari, disponendo della liquidità necessaria, hanno voluto manifestare il proprio sostegno ai concittadini in difficoltà) e chi semplicemente perché aveva già pagato prima di sapere del rinvio? È difficile immaginare che qualcuno possa essere indotto a pagare dalla prospettiva che il proprio nome compaia in una pagina internet che ben presto verrà insabbiata da milioni di altre. Senza contare che, come non è in Gazzetta il diritto a posticipare il pagamento, non è in Gazzetta neppure quello a vedersi conferire tale dubbio merito, che dunque neppure svolge la sua peraltro inefficace funzione di nudge.

Piuttosto, questa curiosa iniziativa ha un risvolto involontariamente ironico: se politica e burocrazia faticano a comprendere la differenza tra un monumento e una pagina web, inconsapevolmente sembrano riconoscere che rispettare gli obblighi fiscali equivale a un sacrificio sanguinoso. Speriamo che, quando usciremo feriti, impoveriti e indebitati dall’epidemia, il Governo prenda sul serio i segnali di malessere che danni arrivano dalle parti produttive della società e si sforzino di pensare al fisco come un abito a misura di contribuente, e non come un pozzo di San Patrizio da cui pescare a piacimento.

Aggiornato il 17 marzo 2020 alle ore 14:30