Contro i responsabili dei disastri bancari: nel Paese la paura di difendersi

Alla fine dell’anno è d’uso fare un bilancio delle cose più importanti, avvenimenti (per noi importanti) che si sono succeduti nel corso dei mesi passati. Non mi soffermerò sulle tante delusioni (e disgrazie) che si sono abbattute sugli italiani. Dirò soltanto che, accanto al fenomeno della progressiva scomparsa delle classi medie con indubbia avanzata politica (ed economica) di “peones” senza alcun titolo (ormai saldamente in possesso delle redini del potere), c’è un altro fenomeno egualmente nefasto sotto il profilo psicologico e civile: ovvero che gli italiani non si difendono più dalle mille prepotenze dell’oligarchia che ci governa, sia politicamente che economicamente, anzi hanno paura di difendersi!

Solo così si spiega che, centinaia di migliaia di piccoli azionisti rovinati dalla catastrofe bancaria non vogliono difendersi contro gli espropri subiti da banchieri ladri ed incapaci: questi ultimi hanno erogato crediti a gente che notoriamente non restituisce il danaro prestato, ma dovevano far loro credito poiché “amici” o “amici degli amici”, perciò dovevano avere mentre i risparmiatori (anonima gente di strada) doveva soccombere.

Si tratta di centinaia di migliaia di persone: 200mila per le Banche Venete, 62mila per la Banca Popolare di Bari, 45mila per la Cassa di Risparmio di Genova... l’elenco continua: ma preferiscono perdere completamente il valore delle loro azioni (e/o obbligazioni) piuttosto che agire e difendersi. Eppure la legge attribuisce a tutti i danneggiati la possibilità di aggredire giudizialmente la banca, soprattutto gli amministratori che hanno danneggiato i clienti. Si tratta del Decreto legislativo n. 231/2001, con riferimento agli artt. 2637 e 2638 del c.c., in forza del quale, al di là delle responsabilità degli amministratori, c’è la possibilità di prendersela direttamente con la banca o la società da essi gestita. Gli azionisti Carige (da noi avvocati rappresentati) hanno infatti chiesto i danni materiali e morali subiti, in quanto “titolari di azione di Banca Carige” per effetto dei reati commessi da amministratori, sindaci, dirigenti e, comunque, dipendenti della stessa che hanno pressoché azzerato il valore delle azioni e delle quote di partecipazione.

Mi domando, perché coloro che hanno perduto miliardi di euro per colpa degli amministratori non vogliano neppure provare a riprendersi i loro soldi? Perché se si fa il conto di quelli che si son costituiti parte civile nel processo penale contro Berneschi, Scaiola ed altri (che si sta svolgendo davanti al Tribunale Penale di Roma) sommandovi anche quelli che stanno facendo azioni collettive davanti al Tribunale Civile di Genova, si nota che sono pochi ad aver avuto il coraggio di chiedere i danni alla Banca? Eppure si tratta di gente che ha perduto ingiustamente tutto ciò che aveva investito. C’è una sorta di paura a difendersi. Una “tanatosi” collettiva, di fronte a mascalzonate e rapine si preferisce fare finta di niente!?

 

(*) Avvocato e docente di diritto amministrativo

Aggiornato il 20 dicembre 2019 alle ore 13:24