Perché l’euro non ha mai fatto concorrenza al dollaro

Il nome ormai evoca instabilità, incertezza e stato di allerta permanenti. Si tratta dell’euro diventato sinonimo di “crisi”. La prima cominciò con i debiti sovrani e in barba al Trattato di Maastricht che vietava salvataggi, si creò un “Fondo Salva-Stati”, in seguito chiamato Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes). Poi fu la volta delle banche e si montarono le operazioni denominate Ltro, Long term refinancing operation per rifornirle di liquidità. Infine furono varate politiche monetarie non convenzionali, gli asset purchase program, tuttora in corso per evitare che il sistema crollasse come un castello di carte. Nonostante i trilioni profusi, lo stato di emergenza perdura tant’è che in questi giorni i governi europei sono impegnati ad aggiornare il Mes che, ormai dovrebbe essere chiaro, serve solo a mantenere in esistenza un sistema che non funziona.

Il perenne stato di crisi è la diretta conseguenza della disastrosa costruzione dell’euro. Il grave errore fu, all’inizio, di non consolidare i debiti dei Paesi membri in un unico debito europeo, ancor prima di trasformarli in euro. Ci si illuse, invece, che la moneta unica potesse essere guidata da un cartello di Paesi ciascuno in balia del proprio debito. Come poteva funzionare un’unione monetaria basata su un amalgama di debiti con rischi politici e finanziari differenti? Impossibile, poiché il presupposto di un’autentica unione monetaria di Stati è un mercato del debito unificato con un unico rischio politico, economico e finanziario. L’attuale euro rappresenta, invece, un’unione monetaria falsa funzionando allo stesso modo di un sistema rigido di parità fisse che mantiene intatti e separati i rischi dei Paesi che l’adottano. Ma, nella storia, i sistemi a cambi fissi sono sempre falliti, compreso proprio quello propedeutico all’euro, il famoso Sme, il sistema monetario europeo di cambi fissi creato nel 1979 che, nonostante prevedesse parità prestabilite ma libere di oscillare entro limiti, collassò nel 1992. Eppure quello stesso anno fu firmato il Trattato di Maastricht, un fallimento già sulla carta.

Pensiamo invece alla moneta unica “dollaroche rappresenta cinquanta Stati indipendenti che formano gli Stati Uniti d’America. Per quanto differenti, sono indissolubilmente legati dal debito federale. Il Mississippi, ad esempio, che è uno Stato molto simile alla Grecia, non fallisce ogni dieci anni perché riceve una quantità significativa di trasferimenti fiscali dagli altri quarantanove Stati. Non ci si preoccupa del debito del Mississippi perché esiste un sistema di ridistribuzione federale che diffonde la ricchezza in tutti gli Stati e che li mantiene solvibili. Il debito del Mississippi, non essendo di qualità, ovviamente non entra nelle riserve bancarie e fluttua in base al valore di mercato. Ma eliminato all’origine il rischio di insolvenza, non si è costretti come è avvenuto in Grecia a imporre al Mississippi un regime di austerità per evitare un effetto domino sugli altri quarantanove Stati. Negli Stati Uniti l’unione monetaria funziona perché tutti i rischi politici e finanziari degli Stati dell’unione sono stati assorbiti dal debito consolidato, il debito federale, e quando si investe nei titoli di Stato del governo americano che lo rappresentano, i Treasury, il rischio riguarda solo questo debito e non a quello degli Stati confederati.

Il risultato dell’integrazione americana è che il rischio economico-politico del dollaro è unico: quello del governo americano, non dei suoi Stati membri e pertanto solo il debito federale funge da riserva nei bilanci delle banche, dei fondi pensione, delle società finanziarie e assicurative. Pertanto il Mississippi, qualunque cosa faccia, non mette a rischio il dollaro o l’intera confederazione.

Nell’Eurozona, invece, il rischio contagio è incalcolabile in quanto l’euro rappresenta tanti e diversi gradi di rischio economico-politico quanti sono i debiti degli Stati membri che in quota parte entrano, tutti, con lo stesso status di riserva monetaria nei bilanci delle istituzioni finanziarie. Pertanto il default di un singolo Paese o di una banca innesca subito un effetto domino su tutti gli altri. Avere lo status di riserva significa, in teoria, non aver bisogno di garanzie, in quanto si è la garanzia stessa, come appunto i titoli di Stato che servono da collaterale di prestiti. Ma anche i titoli della Grecia avevano questo status prima che andasse in default infettando tutto il sistema bancario europeo. Immaginiamo cosa succederebbe negli Stati Uniti se nei bilanci delle istituzioni finanziare entrassero le obbligazioni degli Stati confederati. Sarebbe, come in Europa, il caos.

Il rischio euro non è quello dell’unione monetaria, ma dei singoli Stati membri i cui debiti sono potenzialmente insolventi. Infatti le decisioni degli investitori esteri si basano non sul merito del credito dell’unione che non esiste ma su quello dei singoli Stati, che esiste. Questo è il motivo per cui l’Eurozona è permanentemente destabilizzata e vulnerabile agli attacchi speculativi esattamente come era lo Sme creato dalla Comunità economica europea. Che tutte queste considerazioni non abbiano neppure sfiorato il dibattito sulla moneta unica va oltre la nostra comprensione.

Consolidare i debiti dei singoli membri prima di trasformarli in euro significava, non metterli in un calderone, ma rettificarli in base ai valori reali per evitare che fosse poi il mercato a svalutarli innescando problemi di spread. Fatto questo, sarebbero stati tradotti in euro e travasati in un debito unico europeo con lo status di riserva, con un unico tasso di interesse e un bilancio separato da quello dei singoli Stati. I debiti di questi ultimi sarebbero diventati locali, distinti dal debito europeo fluttuando in base al valore di mercato.

Questa è, grosso modo, la struttura che si diedero gli Stati Uniti duecento anni fa e che ancora li governa e la conseguenza è che il governo centrale americano non interferisce con i bilanci dei governi locali, che mantengono la loro sovranità, né interviene con fondi salva-Stati o invia troike. Il governo centrale europeo, invece, in mancanza di una struttura consolidata, deve intervenire su un amalgama di Stati per far rispettare i parametri economici e finanziari e a tal fine si è dotata di una gigantesca burocrazia addestrata a dettare e imporre condizioni agli Stati indipendenti come fossero Paesi occupati. È stata proprio questa struttura a creare separatismi e risentimenti tra i Paesi europei.

Aver proseguito con un progetto così disfunzionale ignorando la natura dei problemi spiega perché l’euro non ha mai avuto le potenzialità per fare concorrenza al dollaro né per essere il trampolino di futuri Stati uniti europei e rivela la sua radice politica-ideologica finalizzata a assumere il controllo politico e dispotico sugli Stati membri. Così com’è, l’euro sarebbe già pronto per essere seppellito nella fossa comune delle passate unioni monetarie. Altro che aggiornamenti di fondi salva Stati!

Aggiornato il 13 dicembre 2019 alle ore 18:34