Pagare le tasse, pagarne tante, pagarne troppe e pagarle per sempre. Magari per finanziare l’apparato delle clientele dei partiti. In questo e in molto altro consisterebbe la sadica “Tortura fiscale”, spiegata nell’omonimo libro del noto avvocato Emilio Ponticiello. Uno che nei tribunali del fisco e nelle commissioni tributarie viene considerato il “nemico” dell’Agenzia delle entrate. Nell’ultima delle sue opere in materia, pubblicata per Reality book, Ponticiello spiega innanzitutto come lo stato di diritto – specie nell’epoca manettara a cinque stelle – sia ormai degenerato in “regime burocratico tributario”.

Con l’urlo tragicomico che fu del comico Giorgio Bracardi, “in galera”, o con quello molto meno divertente ma altrettanto ridicolo, che si è sentito risuonare nelle piazze come in Parlamento, “onestà, onestà”, si sta realizzando un regime da incubo a metà tra il Venezuela e la Corea del Nord. Dove il cittadino deve sempre presentarsi in maniera penitenziale, se non in ceppi, davanti al suo sadico Moloch. E già c’è chi teorizza una difesa di tipo masochistico: farselo piacere. Ponticiello già nella prefazione avverte che l’abolizione formale di Equitalia – che avveniva mentre veniva dato alle stampe in prima edizione il libro – e la sua sostituzione di fatto con la Agenzia delle entrate, sezione “riscossione”, di per sé dava conto tanto della falsità del prefisso “equi” quanto di quella dei partiti andati al governo con la propaganda bugiarda di “aboliamo Equitalia” per poi sventolare le manette contro le vittime della stessa una volta al potere.

 La tortura, spiegata nei suoi mille rivoli e nei titoli a effetto dei capitoli del libro, “Lo stato o quel che resta”, “Da cittadino a contribuente”, ognuno può sperimentarla su se stesso ogni giorno. Basta ricevere una cartella di pagamenti da effettuare. Magari multe a raffica per macchine e motorini, con cui comuni disgraziati e sempre male amministrati come Roma fanno cassa. Si superano negli anni i 20mila euro e subito sono minacciate ipoteche e pignoramenti. Allora tocca correre agli sportelli per implorare dilazioni. E fare file da bolge dantesche per capire solo come pagare. E non è facile. Perché ad esempio l’Ama e i tribunali non consentono né la rottamazione né la rateizzazione e al legislatore sta bene così di mantenere questi feudi che hanno una legge propria nel bailamme del fisco. Inoltre, le casse chiudono alle 16 del pomeriggio e magari dopo avere fatto una lunga fila e una lunga pratica allo sportello bisogna ripresentarsi il giorno dopo “solo per pagare”.

Risultato? Milioni di italiani ogni giorno perdono ore del proprio lavoro o della propria attività, o del proprio ozio, comunque della propria vita, per recarsi come obbedienti agnelli al macello fiscale. Piovosi pomeriggi o mattine di novembre passati in coda per dare alla bestia fiscale il cibo con cui di solito lo stato tramite i partiti che lo occupano nutre le proprie clientele con assunzioni a raffica nel pubblico impiego. A questo servono le tasse e il vecchio slogan di Margaret Thatcher che parlava di “affamare la bestia” è quanto mai attuale se si pensa a questi poveri Fantozzi del fisco che hanno nell’avvocato Emilio Ponticiello uno dei rari paladini contro corrente rispetto alle urla della plebe che vuole in carcere chi evade spesso per legittima difesa.

Aggiornato il 14 novembre 2019 alle ore 12:47