Il ritratto economico del sistema Paese

martedì 15 ottobre 2019


I dati economici presentano una fotografia contrastante del sistema Paese. Da un lato abbiamo numeri incoraggianti. La bilancia dei pagamenti è trainata da un export che cresce più rapidamente dei mercati di riferimento (i nostri prodotti guadagnano stabilmente quote di mercato); gli investimenti di portafoglio nel 2018 hanno raggiunto i livelli pre-crisi.

Al contempo altri indicatori dimostrano come l’Italia fatichi a stare al passo con le principali controparti europee. Il dato più preoccupante è la disoccupazione, tra le più alte d’Europa, che sfiora il 10 per cento e arriva oltre il 30 per cento se si guarda alla fascia d’età compresa tra i 24 e i 35 anni. Negativo è anche il dato relativo alla crescita del nostro Prodotto interno lordo, che fatica a superare lo zero virgola, e si conferma nel 2019 tra i peggiori d’Europa. Infine, c’è il debito italiano che, nel 2018, in percentuale del Pil, ha toccato quota 132,2 per cento. Abbiamo il debito pubblico più alto d’Europa, dietro solo alla Grecia, e costringe ogni governo a scegliere tra politiche economiche espansive, volte a far crescere l’economia, e restrittive, volte a diminuire il debito.

Se i dati riportati forniscono l’istantanea dello stato di salute dell’economia italiana, la percezione che ne hanno i mercati può essere misurata, in tempo reale, affidandosi a due indicatori: – il differenziale tra il tasso di interesse del debito italiano rispetto al corrispondente tasso di interesse del debito emesso dalla Germania e – la quotazione dei Credit default swap che coprono dal rischio di insolvenza sul debito italiano. L’andamento di entrambi gli indicatori nel tempo suggerisce come il mercato reagisca negativamente ogni qual volta il governo si pone in aperto scontro con le istituzioni europee.

Esempio paradigmatico, la vicenda legata alla procedura d’infrazione che le istituzioni europee avevano minacciato a seguito dell’approvazione della legge di Bilancio 2019. Lo spread tra i tassi di interesse italiani e i tassi di interesse tedeschi è diminuito di circa 120 punti base subito dopo l’annuncio che l’Italia aveva trovato un accordo con l’Ue e non ci sarebbe stato bisogno di una Manovra economica correttiva. I giudizi, positivi o negativi che siano, sulla legge di Bilancio 2019 ed i loro effetti non cambiano ma gli operatori di mercato non gradiscono il conflitto con le istituzioni europee, al contrario, apprezzano la cooperazione.

Una possibile spiegazione del perché lo scontro con l’Ue venga percepito negativamente deriva, probabilmente, dal timore che l’Italia perda quel ruolo di primo piano sul palcoscenico internazionale, che si è guadagnata nel tempo. Se utilizziamo la distinzione tra hard power, inteso come potere di coercizione ottenuto con mezzi economici e militari, e soft power, inteso come creazione del consenso attraverso la persuasione, è indubbio che l’Italia abbia, negli anni, compensato alla mancanza di potere economico e militare con una straordinaria capacità di mediazione.

Ebbene, l’atteggiamento conflittuale nei confronti delle istituzioni europee è visto negativamente dal mercato perché si ritiene che una dispersione del capitale di soft power posseduto, tanto più nell’assenza di un’azione riformatrice volta a creare hard power, porti l’Italia ai margini dei tavoli decisionali europei. Non vi sono dunque dubbi che un atteggiamento di maggiore cooperazione con l’Ue e un’azione riformatrice volta a diminuire il divario tra il nord ed il sud del Paese siano i volani sui quali l’Italia deve poter contrare.


di Villy de Luca