Fmi taglia le stime di crescita italiane

“Dopo il rallentamento degli ultimi tre trimestri del 2018, l’attività economica resta debole”. È quanto sostiene in apertura del suo rapporto il Fondo monetario internazionale. L’ennesimo taglio alle stime sulla crescita italiana. Lo ha decretato il Fmi, nel contesto di una precarietà generalizzata. Nel documento si fa riferimento al periodo più nero della storia economica mondiale.

Il nostro Paese è a crescita zero nel 2019. Il Fmi rivede al ribasso le stime per il Pil italiano sia per quest’anno sia per il 2020. Dopo il +0,9 per cento del 2018, per il 2019 la crescita è prevista a zero, ovvero 0,1 punti percentuali in meno sia rispetto alle previsioni di luglio sia a quelle di aprile. Per il 2020 la crescita è attesa a +0,5 per cento (-0,3 punti su luglio e -0,4 su aprile). A pesare, afferma il Fondo, è “l’indebolimento della domanda interna, un minore impulso si bilancio e un contesto esterno più debole”.

Per l’Italia è “particolarmente essenziale” un impegno “credibile” per un calo del debito pubblico nel medio termine dice il Fondo. Il Fmi stima un debito pubblico in aumento al133,2 nel 2019 dal 132,2 per cento del 2018. Nel 2020 salirà ancora attestandosi al 133,7 per cento, per poi raggiungere il 134 per cento nel 2024. Il deficit è previsto scendere al 2,0 per cento del Pil quest’anno dal 2,1 per cento del 2018. Nel 2020 sarà al 2,5 per cento e raggiungerà il 2,6 per cento nel 2024. Il Fmi taglia le stime di crescita di Germania, Francia e del Regno Unito.

Intanto, nel mese di agosto è leggermente calato il debito pubblico italiano, sceso a 2.462 miliardi. A riferirlo è la Banca d’Italia che evidenzia una diminuzione di 3,3 miliardi rispetto al mese precedente. Il calo è dovuto alla riduzione di 5,3 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro, passato da 94,8 miliardi di fine luglio a 89,5, che ha più che compensato il fabbisogno di 2,3 miliardi. Con riferimento alla ripartizione per sotto settori, il debito delle amministrazioni centrali è diminuito di 3,2 miliardi e quello delle amministrazioni locali di 0,1 miliardi. Il debito degli enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.

Aggiornato il 15 ottobre 2019 alle ore 17:24