Carige salva, gli azionisti-risparmiatori no

martedì 1 ottobre 2019


La Cassa di Risparmio di Genova, Carige, come con grande soddisfazione annuncia la stampa economica italiana, è stata salvata! Peccato però che gli azionisti siano stati completamente rovinati e derubati e che l’Istituto di credito in questione, il cui valore non è inferiore a 5 miliardi di euro, in una valutazione del tutto prudenziale, sia stata regalato alla Banca di credito cooperativo del Trentino, molto legata alla finanza austriaca e tedesca, senza che nessuno abbia detto nulla.

I fatti sono noti: il 20 settembre l’assemblea degli azionisti della Banca ha votato un aumento di capitale di 900 milioni di euro riservato al Fondo interbancario e ed alla Banca di credito cooperativo (Bcc), da cui sono esclusi i vecchi azionisti che hanno profuso nella banca vari miliardi di euro per aumenti di capitale ripetuti nel tempo e che ora, anche se vorranno partecipare a questo nuovo bagno di sangue, si dovranno accontentare di sottoscrivere per 84 milioni e cioè meno di 1/10 di quello che potrebbero fare esercitando legittimamente il diritto di opzione.

Insomma, ai vecchi azionisti è stata sottratta la banca, senza alcuna possibilità di partecipare alla futura gestione. Peraltro, le azioni in loro possesso valgono ormai 1/1000 di euro ciascuna e, dopo l’aumento di capitale che si annuncia iperdiluitivo, ancora meno.

Il battage mediatico che ha aggredito per settimane e mesi gli azionisti della Cassa di Risparmio di Genova è stato in realtà quasi incredibile. Quasi tutti i giornali, i settimanali, le riviste tutte nonché le trasmissioni televisive in materia hanno insistito sul punto che la banca poteva essere salvata soltanto approvando questo aumento di capitale che rovinava completamente i vecchi azionisti e regalava la banca all’istituto di credito del Trentino-Alto Adige Bcc. A quest’ultimo è stato infatti dato il destro di acquistare le azioni che per il momento vengono sottoscritte per la maggior parte dal Fondo Interbancario, con uno sconto del 47 per cento entro un congruo periodo di tempo. Va da sé che le azioni sottoscritte dagli infelici antichi azionisti valgono già il 47 per cento di meno del prezzo che viene pagato.

Le origini della rovina della Carige sono lontane e devono essere con certezza individuate nei 18 miliardi di crediti marci concessi da Giovanni Berneschi e soci prima del 2013. Il resto della storia è costellato di bugie e reticenze dei suoi successori per farsi sottoscrivere aumenti di capitale che facevano si sopravvivere la banca, ma non riuscivano né potevano farlo, ad otturare il buco nero che i detti crediti marci avevano da tempo aperto. Sicché il 400 milioni profusi da Vittorio Malacalza, il denaro versato dagli azionisti e gli aumenti di capitale, le vendite o più spesso le svendite di asset della banca (il problema che costrinse l’ex presidente della Corte costituzionale Giuseppe Tesauro che era anche presidente della Carige a dimettersi per protestare contro le svendite che venivano fatte dall’amministratore delegato!) non sono serviti se non a rinviare il redde rationem. I dirigenti che si macchiarono di questi delitti contro gli azionisti e i risparmiatori sono sotto processo a Roma dopo essere stati condannati a nove anni di reclusione dalla Corte d’Appello di Genova. I loro successori sono in attesa della conclusione delle inchieste in corso da tempo davanti alla Procura della Repubblica del capoluogo ligure.

Gli infelici ed ingannati risparmiatori avevano avuto la promessa del vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio che sarebbero stati aiutati dallo Stato a risolvere i loro problemi ed avevano creduto in questa promessa che lasciava pensare che lo Stato sarebbe intervenuto, come già aveva fatto per il Monte dei Paschi di Siena. Nessuno avrebbe mai pensato che si sarebbe arrivati a tanto con il totale sacrificio dei risparmiatori, il pagamento di interessi esosi e quasi usurari al Fondo Interbancario e il dono che, chissà perché, viene fatto alla Banca di Credito Cooperativo che in realtà viene ad usurpare il diritto di proprietà degli azionisti e a prendersi, con il 47 per cento di sconto, quella che fu la settima banca italiana.

In questa situazione è importante che le decine di migliaia di piccoli azionisti rovinati ed ingannati, nelle mani dei quali non rimane più nulla e ancora meno rimarrà se sottoscriveranno l’aumento di capitale perché nel momento stesso che compiranno questa operazione soggiacerebbero essi stessi a una perdita di valore potenziale del 47 per cento che lo sconto e Fondo interbancario offre alla Banca di credito cooperativo, prendano coscienza del fatto che l’unica possibilità che si offre loro per ottenere il risarcimento dei danni dovuti dalla banca, in quanto essa è sottoposta, grazie a Dio, alla disciplina dell’articolo 5 e segg. del decreto legislativo 231 del 2001 che il legislatore ha voluto per tutelare i risparmiatori dalla mala gestio degli amministratori delle banche, e più in generale delle società e perciò è responsabile per i danni che gli azionisti hanno ricevuto dall’azione degli amministratori della Carige. Tanto più che dal 20 settembre la banca ha cambiato volto che sono intervenute le cosiddette mani forti che hanno spostato il baricentro dell’Istituto dalla Liguria al Trentino-Alto Adige.

In questa ottica stiamo raccogliendo in tutta Italia le firme per l’esercizio di un’azione collettiva o class action a servizio dei piccoli azionisti.

(*) Difensore piccoli azionisti e risparmiatori Carige


di Filippo de Jorio (*)