Azionisti Carige senza tutela: class action per far valere i diritti

La Banca centrale europea non è ancora convinta sul piano presentato dai commissari, a suo tempo da essa stessa nominati alla guida della Cassa di Risparmio di Genova. Soprattutto domanda chiarimenti e informazioni precise su come verranno smaltiti i tre miliardi di crediti marci che sono ancora, per così dire, nella pancia della banca.

Secondo la stampa specializzata, comunque, il piano dovrebbe essere approvato dalla Bce entro il 15 agosto. Crediamoci, pur facendo le nostre più ampie riserve, perché ancora non è noto quale sarà l’atteggiamento nell’assemblea che sarà convocata per il mese di settembre del maggiore azionista, Vittorio Malacalza (e della sua famiglia), che al momento è l’azionista di riferimento con più del 27 per cento delle azioni della Banca.

Finora Malacalza ci ha rimesso circa 390 milioni di euro, ed anche se il bilancio della sua società riporta le somme spese per l’acquisto delle azioni al valore iniziale, e cioè 412,9 milioni di euro (sarà ben difficile recuperare questa somma).

Il Fondo Interbancario per la tutela dei depositi e la Cassa Centrale Banca (con i suoi associati) stanno trattando con Malacalza, e per cercare di convincerlo a dare il suo assenso, essenziale per l’approvazione del piano dell’intera operazione: ma finora non sono riusciti a convincerlo a perdere la maggioranza acquistata a caro prezzo.

La realtà è che non solo Malacalza non ci sta, ma con lui tutti i vecchi azionisti e, soprattutto, i piccoli (che costituiscono pur sempre il 35 per cento del capitale della Banca) che negli aumenti di capitale hanno dato tanto alla banca: a seguito d’informazioni, che non possiamo definire fasulle, hanno versato circa 2 miliardi di euro. Per loro il piano, malgrado le molte promesse, prevede “lacrime e sangue”, e non sarà la prospettiva di qualche azione gratuita a convincere a mettere i soldi buoni sui cattivi.

Anche se volessero, la cosa non sarebbe tanto agevole. Perché a loro, secondo le informazioni de Il Sole 24 Ore, sarebbero destinati solo 85 milioni nell’aumento di capitale. Significa che, nell’inevitabile diluizione del numero di azioni, essi perderebbero il controllo reale della banca, che passerebbe al fondo interbancario e poi nel corso degli anni alla Banca centrale originaria del Trentino.

I crediti marci concessi per alcuni miliardi da Giovanni Berneschi e soci (alcuni dei quali già condannati dalla Corte d’Appello di Genova a circa nove anni di reclusione ed attualmente sotto processo a Roma davanti alla Sezione quarta penale del Tribunale di Roma) e, dopo il 2013, le fallaci assicurazioni e dichiarazioni dei suoi successori per farsi sottoscrivere gli aumenti di capitale, hanno sicuramente portato alla rovina della Carige che, ricordiamolo, era la settima banca italiana, estremamente solida per i suoi capitali e i suoi asset.

Unica strada che si apre davanti agli azionisti per recuperare quello che hanno perduto, è una class action che metta le cose in chiaro nei confronti dei nuovi arrivati. E consenta davvero un ampio risarcimento dei danni riportati. Tutto il resto è una nebulosa impenetrabile.

(*) Professore di Diritto Amministrativo

Aggiornato il 07 agosto 2019 alle ore 16:41