Rete ferroviaria italiana: contratto di programma

Ho letto il Contratto di Programma prodotto ultimamente dal Gruppo Ferrovie dello Stato e sollevo solo una critica: il futuro, anche quello più prossimo, è immaginato come se lo Stato potesse garantire risorse adeguate, come se il sistema economico del Paese potesse garantire, in modo davvero inimmaginabile, le possibili tendenze di crescita dopo dieci anni di pesante crisi. Prima di entrare nel merito ritengo utile rivolgere una critica alla mia generazione: eravamo convinti di una inarrestabile crescita lineare; effettuavamo in realtà le nostre previsioni, fissando anno dopo anno il risultato economico ottenuto e disegnando così una punteggiata; interpolavamo i vari punti e ottenevamo una curva. La estrapolazione della curva negli anni futuri produceva sempre un risultato positivo. Questa interpretazione, purtroppo, non ha più motivo di esistere e, soprattutto, di fronte ad un blocco della crescita non è pensabile che lo Stato possa assicurare rilevanti risorse per realizzare programmi ambiziosi. Già venti anni fa con il Programma delle Infrastrutture Strategiche previsto dalla Legge 443/2001 (Legge Obiettivo), per la prima volta nella storia del Paese, si denunciò chiaramente che lo Stato non avrebbe più assicurato, come fatto fino ad allora, il cento per cento delle risorse necessarie per realizzare una offerta organica dei trasporti. In particolare l’apposito Piano fonti – impieghi allegato al Programma prevedeva due distinte fasi: la prima, della durata di un quinquennio, in cui lo Stato avrebbe assicurato il 50 – 60%, la seconda in cui lo Stato non avrebbe superato la soglia del 30%.

Da ormai cinque anni non solo lo Stato ha preferito erogare pochissime risorse in conto capitale ma, secondo le anticipazioni programmatiche, nei prossimi anni sarà sempre più difficile immaginare contributi “a fondo perduto” perché le soglie dell’indebitamento saranno sempre più invalicabili.

Agli inizi degli anni ‘90 quando immaginammo la rete ad alta velocità ci ponemmo subito un obiettivo: coinvolgere in modo rilevante capitali privati perché eravamo già convinti che lo Stato non avrebbe potuto garantire adeguate risorse per una opera che, a tutti gli effetti, si configurava come un investimento. E forse pochi ricorderanno che il capitale sociale della Società Treno Alta Velocità, quella preposta alla realizzazione dei due assi Torino – Milano – Venezia e Milano – Bologna – Firenze – Roma – Napoli, era inizialmente di 100 miliardi di lire elevato, dopo un anno, a 1.500 miliardi di lire.
Pensare ad un programma della rete ferroviaria italiana, sia degli impianti che del materiale rotabile, dando per scontato che si sia ancora in presenza di una logica lineare di crescita e di una sistematica disponibilità di risorse pubbliche, significa commettere un grave errore, ripeto un errore tipico della mia generazione, illudersi che il futuro, illudersi che la variabile tempo possa rendere possibile intuizioni programmatiche che nella realtà rimarranno solo encomiabili intuizioni. Per assurdo chi ha il compito di programmare oggi il piano a medio termine del Gruppo Ferrovie dello Stato dovrebbe perseguire alcune di queste finalità:

• garantire un numero maggiore di treni senza realizzare nuove opere; in realtà dovrebbe aumentare la frequenza, il numero di carrozze e la trazione

• privilegiare, per ottenere quanto prospettato al punto precedente, gli investimenti in tecnologia attraverso la realizzazione di un impianto “ERTMS” (European Rail Traffic Management System) già presente sulla rete ad alta velocità. Con tale sistema di gestione, controllo e protezione del traffico ferroviario e relativo segnalamento a bordo sarà possibile aumentare sostanzialmente la frequenza e la sicurezza sull’intera rete

• identificare tracce dedicate al trasporto merci in fasce orarie tali da non penalizzare il traffico pendolare ed in genere il traffico passeggeri

Il Contratto dà anche un voto ad ogni singolo intervento per costruire così un quadro di priorità; una simile esercitazione porta automaticamente ad un errore sostanziale: dare per scontato che è possibile raggiungere livelli di convenienza non completando, in modo organico, determinati interventi; in proposito faccio solo due esempi:

• Completare parzialmente l’impianto ferroviario ad alta velocità Milano – Brescia – Verona – Padova – Venezia

• Completare parzialmente l’impianto ferroviario Verona – Fortezza – valico del Brennero

Pensare che la logica dei “lotti costruttivi” possa essere vissuta senza perseguire il completamento funzionale dell’intero asse significa penalizzare un concetto di base insito nell’esercizio di una rete ferroviaria e, specialmente, di una rete con caratteristiche prestazionali elevatissime. In questi casi è prioritario proprio il completamento dell’intero progetto in quanto il ritorno di investimento e, quindi, la possibilità di coinvolgere anche capitali privati, è possibile solo se sono raggiunte le condizioni di massima organicità della offerta.

Appare evidente che è sempre più interessante disegnare piani e linee strategiche portatrici di assicurazioni per gli organi locali di una capillare soddisfazione di tutte le esigenze avanzate dai diretti fruitori ma il futuro non è vero che sia una realtà sconosciuta, lo conosciamo molto bene e spesso ci fa paura raccontarlo per cui lo immaginiamo diverso. L’unico inconveniente è che il futuro poi diventa presente.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 02 agosto 2019 alle ore 13:10