Nuovi tagli per Unicredit, a rischio 10mila posti

Unicredit si prepara all’ennesima sforbiciata. Il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier nel nuovo piano strategico che verrà presentato ad inizio dicembre, potrebbe tagliare fino a 10mila posti - un numero che sarebbe in linea con il tasso medio di turnover del gruppo nell’arco di quattro anni - e ridurre fino al 10 per cento i costi operativi. Sotto la lente c’è l’Italia, scrive Bloomberg che riporta l’indiscrezione, dove ha sede il quartier generale, ma anche altri Paesi. Solo in Europa l’istituto a perimetro ha 88 tra banche e uffici di rappresentanza. Numeri che sono ancora in fase di revisione e quindi potrebbero essere inferiori ma che la banca non commenta. Lo fanno invece i sindacati con il segretario della Fabi, Lando Sileoni che va giù duro: “Se queste indiscrezioni fossero confermate stavolta si fa a cazzotti e se serve useremo altro”. E poi rincara. “Se fosse vero sarebbe una vergogna, siamo pronti alla mobilitazione. Manovre di questo tipo sono operazioni di sciacallaggio, tutte a danno del personale, di una banca che pretende di fare affari in Italia senza tener conto del contesto sociale del Paese”.

Non è da meno Massimo Masi. Per il segretario della Uilca “sarà battaglia durissima, diventa uno stillicidio ed è un dramma perché non si sa che banca sarà”. Al primo trimestre lo staff Unicredit ammontava a 86.232 dipendenti (al dicembre 2018, 35mila in Italia) con 4.559 sportelli (1.663 nel Centro Est Europa, il resto tra Italia, Germania e Austria). Nel precedente piano, quello in scadenza quest’anno, la banca aveva programmato una riduzione totale netta degli Fts (dipendenti a tempo pieno, ndr) di circa 14mila unità. Nel 2011 anno della maxi svalutazione da 9,6 miliardi (con Ghizzoni amministratore delegato) le uscite programmate solo in Italia erano state oltre 5mila. Unicredit nelle scorse settimane è uscita definitivamente da Fineco, vendendo sul mercato il restante 18,3 per cento della banca multicanale dopo averne ceduto, due mesi prima e con le stesse modalità, il 17 per cento. In cassa sono finiti oltre 2 miliardi. Cifra che - insieme alla cessione di asset immobiliari e a un ulteriore dimagrimento degli npl - dovrebbe garantire, nelle intenzioni della banca, di centrare l’obiettivo di raggiungere la parte alta del buffer di 200-250 punti base del Cet1 ratio sui requisiti patrimoniali entro fine 2019.

Mustier di recente, nell’indicare che il nuovo piano sarà basato sulla crescita organica, ha parlato anche dell’efficienza come leva fondamentale in un contesto di debole crescita economica e di tassi negativi che si attendono per i prossimi anni in Europa. Secondo il manager che ha preso in mano l’istituto nell’estate del 2016 traghettandolo attraverso un aumento “monstre” da 13 miliardi, non è credibile una strategia basata sulla crescita dei ricavi. L’obiettivo è muovere più leve e lavorare sia sulla stabilizzazione delle fonti di reddito sia sul controllo dei costi. Sullo sfondo resta poi l’eventuale creazione di una subholding che riunisca le attività estere e che può essere una leva per operazioni straordinarie. L’evoluzione della struttura è peraltro una delle misure finanziarie programmate dall’istituto.

Aggiornato il 23 luglio 2019 alle ore 15:32