Deutsche Bank e l’informazione che disinforma

mercoledì 10 luglio 2019


Domenica scorsa, durante il telegiornale delle 20 in onda su La7, la conduttrice Francesca Fanuele, introducendo un servizio sulla crisi di Deutsche Bank, ha espresso una riflessione piuttosto confusa, per non dire di peggio.

Tracciando a grandi linee l’operazione in atto per il salvataggio della più grande banca tedesca, la giornalista si è sentita in dovere di spiegare ai suoi telespettatori che la stessa Deutsche Bank rappresenta “il baluardo simbolico di una certa politica economica. Inoltre, tutto ciò – ha poi aggiunto – è importante non solo per la Germania”, viste le dimensioni di questo colosso finanziario, “ma perché ha dei riflessi sulle altre banche del sistema Europa, e in particolare in Italia. Vi voglio ricordare che il famigerato spread si calcola proprio rispetto ai Bund tedeschi”.

E qui, come comprenderà chiunque mastichi un minimo la materia, casca fragorosamente l’asino. Ci troviamo infatti di fronte ad una impressionante sequela di nessi totalmente sconclusionati i quali, espressi nell’ambito di una collettività di per sé già molto confusa, non possono che amplificarne la preoccupante ignoranza finanziaria.

In primis, lo spread, che rappresenta in estrema sintesi il differenziale del tasso di rendimento del titolo decennale di un Paese, ad esempio il nostro Btp, rispetto all’omologo tedesco, il Bund, non dipende affatto dall’andamento di una banca commerciale e/o d’investimento, qual è il colosso in oggetto, se non come eventuale contraccolpo di una crisi che interessi buona parte del sistema creditizio di uno Stato.

Lo spread, repetita iuvant anche a beneficio della brava Fanuele, misura il grado di rischiosità dei singoli debiti sovrani. Tant’è che, malgrado le enormi difficoltà che la Deutsche Bank si trova ad affrontare da tempo, attualmente il decennale teutonico continua a viaggiare largamente in terreno negativo – ossia a far perdere quattrini ai suoi compratori – mentre quello italiota è tra i più alti della zona euro.

Inoltre, tesi che viene poi più chiaramente espressa nel servizio introdotto dalla stessa Francesca Fanuele, si mescolano nel medesimo ragionamento entità finanziarie incommensurabilmente diverse, tanto per importanza che per dimensione, ponendo esplicitamente sullo stesso piano il peso di una banca centrale e quello di un pur rilevante istituto come in effetti è la Deutsche Bank. A questo proposito, nel servizio citato, Marco Fratini, responsabile della redazione economica del telegiornale di La7, è arrivato a sostenere che Deutsche Bank, in quanto influenza sistemica, “vale quanto una banca centrale”.

Dunque, visto che Deutsche Bank fattura circa 26 miliardi, la nostra Unicredit, soprattutto in rapporto alle dimensioni molto più ridotte dell’economia italiana, dovrebbe assumere un ruolo ancor più fondamentale coi suoi ben 20 miliardi di fatturato.

In realtà si vorrebbe far passare abbastanza surrettiziamente il nesso causale tra l’andamento non esaltante dello spread di Pulcinella con le magagne finanziarie delle banche tedesche, proprio attraverso una relazione tra grandezze e fatti assolutamente diversi, arrivando a suggerire che alla fin fine la colpa di tutto è sempre dell’austerità germanica.

Ma, come ci ricorda l’ottimo Mario Seminerio in una approfondita analisi pubblicata sul suo blog, la crisi di Deutsche Bank viene da molto lontano e perdurava con forse meno prospettive di un esito positivo anche quando il nostro spread navigava intorno ai 100 punti. Tutto questo, in conclusione, ci porta a sottolineare che, particolarmente sui temi economico-finanziari, quando il giornalismo indulge nella pessima abitudine di confondere le pere con le mele, la strada per l’inferno della disinformazione risulta irrimediabilmente spianata.


di Claudio Romiti