Forse il ministro per il Sud farebbe bene a dimettersi

Chi legge i miei blog da almeno dieci mesi, cioè sin dall’inizio della esperienza di governo della compagine giallo verde, ha avuto modo di leggere la serie di previsioni e di anticipazioni che in modo davvero bislacco si sono tutte rivelate vere.

Non è il mio un merito o una particolare dote profetica è solo una banale capacità analitica di leggere tutti gli atti documentali che obbligatoriamente questo Governo produce o, peggio ancora, non produce in modo ufficiale. Posso capire il disinteresse del ministro Danilo Toninelli nel non trovare allocate risorse per la serie di investimenti infrastrutturali da lui annunciati, anche delle cosiddette opere minori; posso capire il ministro Luigi Di Maio che è più interessato ad usare le risorse per iniziative in conto esercizio e non in conto capitale; posso capire il ministro Matteo Salvini che ritiene più utile, per l’aggregazione del consenso, l’uso delle risorse disponibili per supportare le norme sulla “flat tax”; non capisco, invece, il ministro del Mezzogiorno, Barbara Lezzi, che viene del tutto sconfessata in merito alle sue ripetute dichiarazioni di rilancio degli investimenti nelle aree meridionali del Paese. Il ministro Lezzi essendo pugliese vive sulla propria pelle le negatività di una realtà territoriale completamente in grave crisi. La Lezzi sa bene che è un vero scandalo non essere riusciti a spendere quasi nulla delle risorse assegnate dalla Unione europea per gli interventi infrastrutturali nella sua Regione e, ancora più grave, la assurda stasi che da oltre quattro anni caratterizza le attività, sempre legate alle infrastrutture, in Calabria e in Sicilia.

Ma torniamo al tema legato al Mezzogiorno e non soffermiamoci nella lettura dei soliti indicatori che da soli denunciano il ritorno ad un passato che speravamo di non dover vivere mai, mi riferisco non solo al tasso di disoccupazione ed al Prodotto Interno Lordo pro capite, ma soprattutto alla perdita secca di interesse del mondo della produzione ad “investire” in tale vasta realtà territoriale. Se analizziamo le motivazioni di questo ormai obbligato disinteresse scopriamo che la massima responsabilità vada addebitata alla mancata realizzazione di una serie di opere che rendono più conveniente ambiti territoriali ubicati in Montenegro, in Albania, in Grecia e in Croazia. In particolare è assurda la possibilità di intervenire in:

1) aree non servite come quelle della zona orientale della Regione Calabria per la inesistenza di un asse stradale funzionale come quello della SS 106 Jonica (parte di tale asse approvato per oltre 1,8 miliardi di euro ma mai avviato a realizzazione);

2) aree non servite come nella zona meridionale della Puglia, in particolare l’asse stradale Maglie – Santa Maria di Leuca (risorse disponibili per oltre 280 milioni di euro sin dal 2011);

3) aree servite malissimo dall’assenza di un asse ferroviario nel collegamento Palermo – Catania (risorse disponibili sin dal 2013 e mai attivate concretamente);

4) aree servite malissimo dall’assenza di un asse autostradale nella zona centrale della Campania come la “Telesina” (risorse già identificate in project financing per oltre 550 milioni di euro e rimaste ancora ferme);

5) aree servite in modo inadeguato e relative al collegamento ferroviario Napoli-Bari (intervento parzialmente avviato sin dal 2013 e però caratterizzato da un avanzamento lento; le opere del nodo di Bari non sono ancora state assegnate);

6) aree completamente ancora emarginate e penalizzate da una rete ferroviaria non adeguatamente attrezzata e relative alle tratte Taranto-Brindisi e Lecce-Pescara (linea adriatica);

7) aree ancora non servite né da una rete ferroviaria, né da una rete stradale come la Basilicata, dove sia la strada 106 Jonica non è mai stata avviata a realizzazione, sia la ferrovia (quella delle Appulo lucane e quelle della rete delle Ferrovie dello Stato) non ha avuto nessun intervento mirato alla riqualificazione degli standard prestazionali.

In realtà non ci sono condizioni di convenienza in queste aree perché per anni, e in modo particolare negli ultimi quattro anni, non si è fatto nulla e in tal modo si è riportato di nuovo tutte le Regioni del Mezzogiorno all’interno dell’Obiettivo Uno (cioè con un Pil pro capite inferiore al 75 per cento della media Ue a 28 Stati). E allora un ministro per il Sud nata a Lecce e quindi cosciente dello stato di crisi grave che si vive in tali realtà non può rimanere, a mio avviso, un’ora all’interno di una compagine di Governo che in questi dodici mesi ha usato il Mezzogiorno solo come riferimento geografico, solo come interessante serbatoio elettorale, solo come utile occasione per motivare il “Reddito di cittadinanza” in quanto caratterizzata da elevati indicatori di “povertà”.

Il Movimento 5 Stelle, al cui interno milita i ministro Lezzi, ha osteggiato la realizzazione della Trans Adriatic Pipeline (Tap), ha osteggiato la continuità del centro siderurgico di Taranto, ha osteggiato l’ampiamento del giacimento petrolifero Tempa Rossa situato nell’alta Valle del Sauro, nel cuore della regione Basilicata e con tale linea strategica, con tale filosofia della “decrescita felice”, ha praticamente reso inutile la esistenza di un Dicastero del Mezzogiorno in quanto l’intera area ormai in futuro sarà teatro di forte crisi sociale, una crisi sociale che spero non degeneri in eversione.

Ministro Lezzi, prenda subito le distanze e se necessario denunci lei questo tragico fallimento politico, questo folle abbandono della coscienza di Stato da parte di chi è preposto oggi alla gestione della cosa pubblica.

(*) Tratto dalle “Stanze di Ercole

Aggiornato il 24 giugno 2019 alle ore 10:54