Draghi “allunga” i tassi negativi, Bce pronta a tutto

I tassi ai minimi record proseguiranno almeno per un altro semestre, le banche incassano un nuovo maxi-prestito per sostenere l’economia, e la Bce potrebbe non fermarsi qui: di fronte a uno scenario avverso, la Bce non ha affatto finito le munizioni. È pronta a “mettere mano a tutti i suoi strumenti”, e la discussione riguarda anche le ipotesi di un ulteriore taglio dei tassi o una ripresa del Quantitative easing.

A meno di cinque mesi dalla fine del suo mandato, Mario Draghi ha deciso di non restare nelle retrovie nella speranza che sia la politica di bilancio a difendere l’Eurozona dai venti globali di crisi. Innescati, in particolare, dai dazi di Trump in cui alcuni - ha detto Draghi - vedono qualcosa di più profondo, lo sconvolgimento, avviato dal presidente Usa, del multilateralismo che ha dominato il dopoguerra. La Bce, ospite questa volta della banca centrale lituana, ha lasciato i tassi invariati (-0,40%) ma ha cambiato nuovamente la forward guidance che fino ad oggi prometteva nessun rialzo fino a dicembre: i tassi resteranno invariati più a lungo, “almeno fino alla prima metà del 2020”.

Il nuovo prestito alle banche, il “Tltro-III” fondamentale per mantenere il bilancio della Bce al 40% del Pil dell’Eurozona e per dare una mano alle banche traballanti (fra cui molte italiane precluse dalla liquidità di mercato), ha termini tutto sommato generosi. Le banche che presteranno oltre una certa soglia riceveranno fondi a un tasso che parte da 10 punti base sopra il tasso di riferimento (0%) a dieci punti base sopra a quello sui depositi (-0,40%). Il resto della riunione di Vilnius lo ha fatto Draghi, snocciolando i dati di una crescita dell’Eurozona che tutto sommato tiene (le stime della Bce per la prima volta da mesi migliorano, a 1,2%, per il 2019, e scendono ma di poco per i due anni successivi).

Ma l’inflazione è lontana dall’obiettivo del quasi 2% (nelle stime, 1,3% nel 2019 per arrivare a 1,6% solo nel 2021). E, soprattutto, i rischi sono più acuti e allungano la loro minaccia sul futuro: per la situazione incerta della Cina, per il rebus Brexit e soprattutto per la possibilità di una guerra commerciale. Se a marzo si sperava in un accordo Washington-Pechino, “ora è diverso”, ammette il presidente della Bce. Per questo, anche se una deflazione è esclusa e una recessione ha probabilità molto basse, Draghi spiega che la riunione di oggi intendeva “fare giustizia” sui dubbi avanzati da qualcuno sullo spazio di manovra ancora a sua disposizione. La Bce “è pronta ad agire e tutti gli strumenti sono nella sua cassetta degli attrezzi”. Come spiega Draghi anticipando i verbali della riunione, che arriveranno a marzo, “diversi membri hanno sollevato la possibilità di ulteriori tagli dei tassi, altri una ripresa del programma di acquisto titoli (il Qe, ndr), o un’ulteriore estensione della forward guidance”.

Scenari lontani, che dipendono anche da chi sarà il prossimo presidente della Bce. Ma, di fatto, con le scelte di oggi Draghi ha già impegnato il suo successore. La cui scelta - di fronte a una Bce che non sceglie affatto di giocare nelle retroguardie - potrebbe persino dover avvenire all’interno del consiglio direttivo.

Aggiornato il 06 giugno 2019 alle ore 19:07