Enel prepara uscita da carbone

mercoledì 15 maggio 2019


L’uscita dell’Italia dal carbone è fissata al 2025 e l’Enel ha fatto partire il conto alla rovescia per farsi trovare pronta all’appuntamento. Il gruppo elettrico ha infatti presentato la domanda di autorizzazione per la conversione di quattro centrali, avvertendo però che l’iter deve essere immediato, altrimenti la trasformazione “non potrà essere garantita”, con tutti i rischi connessi alla sicurezza del sistema elettrico. L’occasione per fare il punto sulla preparazione al cosiddetto ‘phase out’ è stata l’audizione alla Commissione attività produttive della Camera sul Piano nazionale energia e clima, che conferma appunto entro sei anni l’abbandono definitivo a quella che viene considerata la risorsa energetica più inquinante, del responsabile per l’Italia dell’Enel, Carlo Tamburi.

L’uscita dal carbone farà venire meno 8 GW di capacità installata attualmente distribuita su otto impianti, di cui sei in capo all’Enel. Entro il 2025, quindi, questi siti andranno convertiti a una produzione energetica più pulita: l’Enel, ha spiegato Tamburi, ha quindi presentato al ministero dell’Ambiente l’autorizzazione per trasformare le centrali di La Spezia (600 MW), Fusina a Venezia (1.000 MW), Torre Nord a Civitavecchia (2.000 MW) e Brindisi (la più grande con ben 2.600 MW) in “impianti a gas a ciclo aperto da 500 MW ciascuno, ma possono anche essere convertiti in impianti a ciclo combinato”, che sono più potenti. Se, una volta trasformato l’impianto, dovesse ‘avanzare’ dello spazio sul sito, l’Enel potrebbe anche installare dei pannelli fotovoltaici (l’ulteriore sviluppo delle rinnovabili è l’altro pilastro del Piano energia e clima con il target del 55% dei consumi contro l’attuale 34%) o delle batterie. Tutto questo, però, potrà avvenire solo se le istituzioni agiranno in fretta: “Una pianificazione dell’attività potrà essere garantita solo avviando sin da ora l’iter per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie”, ha avvertito Tamburi. I tempi, infatti, stringono: considerando che per realizzare impianti del genere, tra progettazione e costruzione vera e propria, ci vogliono almeno quattro anni è evidente che i permessi devono arrivare a stretto giro. Anche perché, ha avvertito ancora Tamburi, ci deve essere un “punto di attenzione molto forte per l’anno 2026”, quando “il mercato non avrà ancora potuto esprimere la piena attuazione del piano di crescita delle rinnovabili e quindi potrebbe essere particolarmente critico”.


di Redazione