Israele e agroalimentare: la ricerca che diviene successo

Gli analisti internazionali registrano un nuovo incremento occupazionale e di obiettivi per l’economia israeliana in rapporto alla ricerca scientifica, alla ricerca biotecnologica e legata al reparto agroalimentare. Gli investimenti destinati alle startup israeliane del settore agroalimentare tra il 2014 e il 2018 hanno sfiorato quota 800 milioni di dollari. Il clima ostile del deserto rende le pratiche agricole nella regione piuttosto difficili e Israele sta dimostrando di rappresentare a tutti gli effetti un “terreno fertile” per l’agroalimentare e le startup del settore, un ecosistema di circa 700 aziende che dedicano estrema attenzione all’innovazione tecnologica. Nel 2017 e nel 2018 il settore che ha catalizzato più fondi è stato quello dell’agricoltura tecnologica 4.0, con software per il supporto gestionale delle fattorie, sensori per il monitoraggio delle colture e tecnologie di ottimizzazione idrica e tutela del patrimonio liquido, un bene scarso nella regione.

L’agricoltura israeliana ha sempre puntato fortemente sull’innovazione per superare i gap strutturali. La razionalizzazione dell’acqua e l’uso di impianti di irrigazione a goccia, le coltivazioni idroponiche senza suolo, la solarizzazione del terreno, il riutilizzo delle acque reflue anche urbane, la fecondazione artificiale delle vacche da latte, sono alcune delle principali iniziative nate o comunque progredite in Israele, grazie alla ricerca, permettendo al settore primario di fare un salto di qualità. Le piccole dimensioni di Israele hanno spinto gli imprenditori a guardare fin dall’inizio all’estero per crescere. L’intraprendenza delle startup israeliane è evidente ad esempio dal fatto che nel 2017 quelle che operavano nella prima parte della filiera agroalimentare hanno raccolto più investimenti di quanto hanno fatto quelle cinesi. Israele beneficia di condizioni particolari per le importazioni, come stabilito dagli accordi di libero scambio con l’Ue, l’Efta, Mercosur e gli Usa. Le motivazioni di tali condizioni vanno ricercate nella particolare attenzione alle regole israeliane per i prodotti alimentari che sono più restrittive di quelle europee.

Le richieste e gli standard di licenza per i prodotti alimentari, i cosmetici e i prodotti chimici sono molto esigenti così come le regole di etichettatura per tutti i prodotti commercializzati in Israele. L’ente israeliano che sopraintende all’applicazione delle normative è lo Standard Institution of Israel. Per quanto riguarda i prodotti agro-alimentari, il SII è, soprattutto, responsabile del rispetto delle norme sull’etichettatura che deve riportare sempre una traduzione in ebraico, senza per questo, escludere la lingua di origine sulla confezione. Nell’etichetta vanno indicati molteplici elementi che variano dalla tipologia di prodotto presentato. Per gli alimentari, oltre alla conformità alle regole Kosher e alla composizione del prodotto, va espresso anche il calcolo calorico. Nel caso del prodotto importato è possibile che l’etichetta sia posta dall’importatore-distributore una volta sdoganata la merce.

Il “made in” deve figurare su ogni prodotto insieme al nome del produttore e dell’importatore-distributore locale. Un Paese elastico e dinamico per il profilo scientifico e della ricerca applicata all’agricoltura, ma estremamente severo per ciò che riguarda la tutela dei consumatori e della salute dei cittadini.

Aggiornato il 06 maggio 2019 alle ore 11:00