Una politica industriale contro la crescita zero

Per il nostro Paese si prospetta una crescita dello zero virgola per l’anno in corso, una percentuale troppo esigua per garantire una rinnovata coesione sociale da tutti auspicata. L’impegno gravoso che si dovranno prendere tutte le parti politiche che puntano allo sviluppo, sia al governo sia all’opposizione, sarà l’elaborazione di una nuova politica economica che abbia un orizzonte di lungo periodo. È venuto il tempo di programmare una vera ed innovativa politica industriale che abbia come tema centrale, la creazione di nuove imprese soprattutto di produzione e manifatturiere. Solo ponendo al centro del dibattito pubblico e delle azioni governative il lavoro, si potrà riprendere la via dello sviluppo. Una correzione di rotta è possibile ma si deve partire da un concetto chiaro, bisogna ridare spazio al ceto medio produttivo che costituisce la spina dorsale del nostro sistema economico. Da svariati anni, è in atto un processo di polarizzazione della ricchezza verso il grande capitale finanziario, a tutto discapito del ceto medio e se questo trend continuerà, ci troveremo a vivere in una società oligarchica in cui, pochi super ricchi deterranno tutte le risorse e la maggior parte della popolazione sarà ridotta al livello di mera sussistenza, il che ricorda modelli di società già condannati come fallimentari dalla storia. A questa infausta prospettiva, c’è da opporre la società democratica, moderna e liberale a benessere diffuso che, fondi la propria prosperità sulle forze produttive presenti in essa.

Per rendere effettivo il secondo scenario, vi è la necessità di intervenire sul fronte degli investimenti e su quello della tassazione. Infatti il nostro Paese soffre di un ridotto accesso al credito per le imprese, perciò è fondamentale che il prossimo parlamento europeo si impegni a cambiare i regolamenti di Basilea 3 che impediscono alle nostre banche di concedere liquidità al nostro sistema industriale, formato prevalentemente da aziende medio piccole o almeno,come Paese dovremmo chiedere ed ottenere una moratoria, per permettere alle aziende sotto i cinque milioni di euro di fatturato di accedere al credito di cui necessitano. Se questo non dovesse avvenire, andrebbe creata una banca pubblica che abbia come unico obiettivo, l’utilizzo dei soldi del QE per finanziare la nascita di nuovi soggetti produttivi, meritevoli ma senza i capitali iniziali, e di garantire la liquidità necessaria alle Pmi.

Valga come esempio la provincia di Varese che è nota per racchiudere in sé le più importanti industrie dell’aeronautica italiana; nell’interesse dell’intero sistema nazionale, vanno guardati con rinnovato interesse settori dell’economia tradizionale, come la metallurgia, la meccanica e i trasporti, che costituiscono l’economia reale e in cui si possono sviluppare competenze specifiche e ad alta qualifica, sia tra le maestranze operaie sia nel management e nel campo ingegneristico. Senza dimenticare che con i metalli noi, oggigiorno, produciamo la maggior parte degli oggetti di uso comune, ed essi sono fondamentali per l’intero settore della difesa nazionale.

 Per quel che riguarda la tassazione, c’è da riformare il sistema odierno che è basato sull’idea che le imprese possano pagare degli anticipi sulle tasse dell’anno successivo, supponendo che esse avranno un fatturato maggiore dell’anno in corso. Ma questo principio è stato superato dalla crisi ed è ora di invertire questo meccanismo oramai desueto. Oltre a questo, c’è da inserire un altro cambiamento strutturale che consiste nella riduzione degli adempimenti fiscali che gravano sulle Pmi, istituendo per tutte le attività che non raggiungono come fatturato il milione di euro, una tassa onnicomprensiva da pagare una sola volta all’anno, in modo da semplificare la vita sia ai titolari, sia ai loro consulenti così che essi, possano concentrarsi maggiormente sullo sviluppo aziendale. Le sfide che ci attendono saranno impegnative ma con una politica industriale adeguata, supportata da un sistema di regole certo e da una solida volontà politica, potremo sicuramente riprendere il cammino dello sviluppo della nostra società, caratterizzata dalla prevalenza del ceto medio in cui l’ascensore sociale possa ripartire e permettere a chi ha intelligenza e capacità di raggiungere il successo e la ricchezza anche se nato in un contesto iniziale di povertà.

Aggiornato il 04 aprile 2019 alle ore 15:53