“Ora Basta!”, parla Filippo Ricciardello

L’Italia è il Paese delle leggi manifesto e di quelle che creano paradossi. Come ad esempio quella che ha istituito il Codice degli appalti e ha sostituito l’Anav (Autorità nazionale di vigilanza sugli appalti pubblici) con l’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) per vegliare su possibili corruttele dei pubblici ufficiali in tutta Italia. Ebbene, come ben sanno coloro che hanno aderito alla Campagna “Ora Basta!” promossa anche dal nostro giornale, adesso si possono constatare in zone come la Sicilia e in genere il Sud Italia situazioni in cui le grandi ditte fallite conservano gli appalti – e partecipano ad ulteriori gare – mandando avanti i lavori senza pagare operai e fornitori. Di fatto facendo concorrenza sleale a tutti gli altri. Di queste cose abbiamo parlato con l’imprenditore Filippo, detto Pippo, Ricciardello. Un’autorità in materia specie in Sicilia.

Ricciardello, cosa non va nel Codice degli appalti?

Facciamo prima ad abolirlo e ad applicare la normativa europea. Anche se pure in quella ci sarebbero degli aggiustamenti da fare. Ma adesso i cantieri sono tutti fermi e viviamo in un’atmosfera di incertezza che favorisce l’illegalità invece di combatterla.

Cioè?

Si permette, ad esempio, a grandi ditte del settore ormai con i libri in tribunale a continuare negli appalti da esse vinti in precedenza senza tenere conto della situazione di insolvenza in cui non vengono pagati né fornitori né operai.

E i fornitori legati dal subappalto non possono neanche lavorare per altri, perché a loro volta sono ridotti sul lastrico dai mancati pagamenti.

Ma è vero che poi quelle imprese continuano da fallite a partecipare ad altre gare di appalto?

Verissimo e da noi in Sicilia, con questa concorrenza sleale, ci stanno mandando tutti all’aria. Il paradosso è che una legge nata per una cultura occhiuta del sospetto ha finito per ingenerare più illegalità.

E che si può fare?

Guardi, a questo punto qualcuno deve prendere il coraggio a due mani e dire proprio “Ora basta!”, come quelli della omonima e lodevole iniziativa. Ci vuole il chirurgo, la medicina non basta più.

È vero che lei fu uno dei primi a predire questo caos?

Certamente, ero in una commissione dell’Ance che partecipò ai lavori preparatori a livello governativo per questo Codice e per l’Anac e subito mi dichiarai contrario. Anche se le nostre posizioni venivano criminalizzate sulla stampa.

Cosa non andava ictu oculi?

Beh, il dovere indicare già al momento della partecipazione alla gara chi fossero i subappaltanti. Ma come si fa? Si decide da parte dell’impresa caso per caso. Così operando invece si creano situazioni non limpide, per non parlare della scelta “anche esterna” dei direttori dei lavori nei cantieri.

Cioè?

Il Codice lo prevede e dice che se si sceglie un esterno che abbia avuto maggiore esperienza come direttore dei lavori quello fa guadagnare più punti nella gara, ma se io nella mia impresa ho un dipendente che fa una direzione o due ma di cui mi fido mi tocca sceglierne un altro esterno e sa che succede?”

No, cosa?

Che le imprese più navigate si mettono d’accordo con degli ex direttori dei lavori dell’Anas magari in pensione che hanno partecipato e diretto decine di cantieri e automaticamente vincono la gara, a parità di altri requisiti, poi quello nei cantieri manco ci va, ha solo la titolarità e l’impresa ci manda un sostituto, un vice, e l’ex dipendente Anas si prende la retribuzione magari standosene a casa.

Insomma, un Codice che deve combattere la corruzione e che poi paradossalmente pone le condizioni perché questa aumenti?

Praticamente, questa è la situazione.

Aggiornato il 05 marzo 2019 alle ore 13:09