La crescita dello “shadow banking”

giovedì 28 febbraio 2019


Le banche stanno per andare in soffitta? Non è una battuta. Pochi crederebbero che nel mondo della finanza le banche non siano più i “number one”. Eppure lo conferma il rapporto “Global Shadow Banking Monitoring Report 2017” del Financial stability board (Fsb), il Consiglio per la stabilità finanziaria. Si ricordi che è l’organismo internazionale con il compito di monitorare il sistema finanziario mondiale per ridurre il rischio sistemico. In passato è stato presieduto anche da Mario Draghi.

Secondo tale rapporto, alla fine del 2016 gli attivi finanziari globali totali ammontavano a 360mila miliardi di dollari. Cinque volte e mezzo il Pil mondiale. Essi sono così suddivisi: 160mila miliardi gestiti dagli organismi finanziari non bancari, 138mila dalle banche, 26mila dalle banche centrali e il resto da istituti finanziari pubblici. Gli organismi finanziari non bancari, cioè “gli enti e le attività dell’intermediazione del credito che operano fuori dal sistema bancario regolare”, sono considerati e chiamati dallo Fsb “shadow banking”, sistema bancario ombra. Secondo il Consiglio non sarebbe è una definizione spregiativa.

Sta di fatto che essi manovrano cifre spaventose, se si confrontano con quelle del Pil mondiale. Per evidenziare tutta la fragilità e i rischi del sistema finanziario, è, inoltre, doveroso rilevare che non sono inclusi i noti derivati finanziari otc e altri prodotti speculativi, di cui più volte abbiamo denunciato la pericolosità. I non bancari comprendono le assicurazioni con 29mila miliardi di dollari di attivi concentrati negli Usa e in Europa, i fondi pensione con 31mila miliardi, il 60 per cento dei quali in mano americana, e ben 100mila miliardi dei cosiddetti “Other Financial Intermediaries” (Ofi) che includono vari tipi di fondi d’investimento, hedge fund, holding finanziarie e altri organismi finanziari, spesso “molto fantasiosi” e speculativi.

Circa la creazione del credito, però, le banche mantengono ancora il primato con 69mila miliardi, pari al 77 per cento del totale, lasciando molto indietro il settore dei citati Ofi. Il che significa che questi ultimi sono attratti soprattutto da settori molto distanti da quelli concernenti l’economia reale. Nel frattempo gli Ofi hanno registrato un grande aumento in Europa. Ad esempio, rappresentano il 92% di tutti gli attivi finanziari del Lussemburgo, il 76 per cento dell’Irlanda e il 58% dell’Olanda. L’area euro conta detti attivi per 32mila miliardi di dollari, superando gli Usa, dove, in realtà, stanno diminuendo, e di molto la Cina, dove, al contrario, è in atto una crescita straordinaria.

All’interno degli Ofi vi è un settore in continuo aumento che rappresenta ben 45mila miliardi di attivi considerati molto rischiosi anche dallo Fsb. Si chiama “narrow measure of shadow banking”, un nome senza senso anche in inglese e impossibile da tradurre in italiano in modo comprensibile. Non è la prima volta che prodotti finanziari molto rischiosi vengono chiamati, volutamente, in modo stravagante e fuorviante.

Secondo il Consiglio per la stabilità finanziaria, le operazioni “narrow measure” sono molto più rischiose in quanto utilizzano massicciamente la leva finanziaria, operano cioè con grandi numeri ma pochi capitali propri. Di conseguenza sono vulnerabili ai rischi di rinnovo delle posizioni e di estensione della scadenza (rollover risk) e a quelli di eventuali massicci ritiri di fondi per timore di insolvenza (run), in particolare quando si rendono dipendenti da finanziamenti di breve periodo. Sono esattamente le situazioni che si erano create alla vigilia della Grande Crisi del 2008 e che hanno provocato il crollo del sistema.

Circa le citate operazioni “narrow measure” gli Usa sono ancora i primi con il 31 per cento, seguiti dall’Europa con il 22% e dalla Cina con il 16 per cento. È molto rilevante il fatto che le Isole Cayman, il “paradiso fiscale” per eccellenza, con 4.700 miliardi di attivi, rappresentano il 10 per cento del totale!

Nei passati 5 anni la quota del settore bancario si è andata riducendo di anno in anno, rimpiazzata da una crescente e sempre più ingombrante presenza dello shadow banking. La tendenza è stata ancor più forte in Europa. Comunque, resta sempre molto elevata l’interconnessione tra tutti i vari settori, bancari e non. Perciò permane il rischio di crisi sistemiche. Gli studi fatti dal Financial stability board sono encomiabili e di grande aiuto. Però, la velocità e le dimensioni degli attuali processi finanziari sono davvero straordinarie e ci impongono una domanda. Le autorità di controllo sono veramente capaci di governarli oppure tentano di inseguire queste evoluzioni finanziarie che, di fatto, finiscono col dettare i movimenti e le regole di comportamento dei mercati e dei loro principali attori? È un dubbio inquietante che lascia sconcertati.

(*) Già sottosegretario all’Economia

(**) Economista


di Mario Lettieri (*) e Paolo Raimondi (**)