La stanza di Ercole. La nuova linea della seta

martedì 22 gennaio 2019


In un articolo comparso sul Corriere della Sera del 2 gennaio scorso dal titolo “La nuova via della Seta, un’occasione per Venezia”, l’ambasciatore Antonio Armellini precisa, tra l’altro: “Annunciando nel settembre 2013 la Nuova Via della Seta verso Occidente, il Presidente Xi Jinping ne ha tracciato un percorso ideale che, partendo da Pechino, giunge sino a Venezia. L’indicazione non è stata casuale, né tanto meno frutto di suggestioni estetiche. Il personaggio di Marco Polo ha un ruolo fondamentale (ben più che da noi) nell’immaginario cinese: dichiarando di voler ripercorrere a ritroso il cammino da lui fatto più di ottocento anni fa, Xi ha inteso ribadire la determinazione di affermare un ruolo di grande potenza e di mercato imprescindibile al cuore della ritrovata centralità geopolitica dell’Asia”. Ma i Governi del nostro Paese, sia l’attuale che il precedente, non hanno dato alcun segnale di apprezzamento e di vera condivisione di una simile azione strategica. Lo stesso Armellini nel suo articolo, infatti, precisa: “Si pensava che la risposta sarebbe stata immediata a livello di governo e invece non è successo granché, a parte qualche occasionale accenno, mentre Venezia non ha perso l’occasione di confermare la sua albagia”.

Sembra davvero strano che una simile decisione presa da un Paese chiave della economia mondiale non abbia trovato immediato riscontro, non solo da parte del Governo, ma da parte della Regione Veneto e del Comune di Venezia. In fondo ci stiamo comportando in un modo davvero incomprensibile; a tale proposito si possono fare alcuni esempi. Gli Stati africani del Kenya, dell’Uganda, della Repubblica del Centro Africa, del Congo, del Cameroon, della Nigeria hanno subito capito la importanza del quadro programmatico e strategico proposto dalla Cina ed hanno subito risposto in modo organico e convinto ad una simile operazione ed oggi è in costruzione un grande hub portuale a Mombasa e sono in corso di avvio i lavori della Trans – African Highway. La costruzione del terminal di Mombasa è iniziata quattro anni fa ed è in via di completamento. Il progetto è stato finanziato da un prestito dal Giappone, attraverso l’agenzia di cooperazione internazionale del Giappone (Jica), che il Kenya potrà rimborsare in un periodo di 40 anni. Vera porta per l’Africa orientale e centrale, per il porto di Mombasa transitano le importazioni di carburante e beni di consumo, nonché le esportazioni di tè e caffè da parte dei vicini senza sbocco sul mare come l’Uganda e il Ruanda.

Il nuovo terminal è in grado di gestire 1,6 milioni di Teu (Twenty Foot Equivalent Unit, trattasi di container lunghi 6 metri); nel giro di cinque anni, dopo aver completato la seconda fase, il porto raggiungerà quota 2,5 milioni di Teu. Analoga azione di rilancio infrastrutturale sta avvenendo nel porto di Lagos, un tempo grande hub di esportazione di prodotti agricoli oggi in piena evoluzione con una movimentazione di oltre 12 milioni di tonnellate all’anno e con una crescita dei Teu di oltre 1,5 milioni.

Andando un po’ più in su ed entrando nel Mar Mediterraneo incontriamo la Grecia e, soprattutto, scopriamo che l’Autorità Portuale del Pireo insieme al gigante cinese Cosco Shipping, azionista di maggioranza della stessa Autorità portuale greca e del grande porto commerciale internazionale di Shanghai, hanno firmato due memorandum d’intesa per rafforzare i legami commerciali. In particolare lo Shanghai International Port Group, che gestisce il 25,7% del volume commerciale internazionale della Cina, ha firmato, ad Atene, i memorandum con Cosco Shipping e Ppa (Autorità Portuale del Pireo). Sotto questo accordo, che rientra nell’ambito dell’iniziativa Nuova Via della Seta, il Pireo rafforzerà la propria posizione strategica sulla mappa commerciale mondiale aumentando il carico in arrivo dalla Cina verso l’Europa. In tal modo il porto del Pireo diventa il più grande hub per il transhipment del Mediterraneo raggiungendo e superando i 3 milioni di Teu all’anno.

A questo punto mi chiedo quale potrà essere, nel breve periodo, lo sviluppo dei nostri tre porti transhipment, mi riferisco al porto di Cagliari, di Gioia Tauro e di Taranto; in particolare di questo ultimo impianto alla luce della nuova ipotesi di concessione del Molo Polisettoriale alla Compagnia turca YilPort Holding A.S. (questa compagnia è attualmente al tredicesimo posto nella graduatoria dei terminalisti a livello mondiale). Sicuramente questi tre hub dovranno confrontarsi con una concorrenza forte proprio del grande hub del Pireo; una concorrenza che non vede, almeno finora, un’azione congiunta del Governo italiano e delle tre Autorità portuali competenti mirata a garantire una offerta davvero efficiente, davvero efficace e coerente alle finalità della Nuova Linea della Seta.

Ancora più grave l’azione degli hub portuali del sistema portuale occidentale (Genova) e orientale (La Spezia) ligure, e del sistema portuale nord adriatico (Venezia) e adriatico orientale (Trieste). Questi hub strategici, non solo per l’Italia ma per l’intera Europa, non trovano ancora una adeguata azione strategica capace di offrire un unico sistema in grado di garantire, davvero, una crescita delle attuali movimentazioni. Esclusa infatti la piastra di Vado Ligure che sarà pronta il prossimo anno e che movimenterà fino a 860.000 T e che per il 40% è diventata di proprietà della Società cinese Power China, gli altri interventi sono ancora fermi alla impostazione progettuale; mi riferisco, in particolare, agli accessi a tali hub e in alcuni casi, proprio in questi mesi, stiamo assistendo a dei ripensamenti su alcuni assi strategici come il collegamento ferroviario Genova – Milano (Terzo Valico dei Giovi) o il collegamento ferroviario AV/AC Brescia-Verona-Vicenza-Padova-Venezia-Trieste.

Alcuni ripensamenti su uno dei nove Corridoi Comunitari: il Corridoio Mediterraneo. Allora nasce spontanea un interrogativo-proposta: perché le quattro Regioni Liguria, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia, tutte governate da coalizioni politiche identiche non propongono una azione congiunta strettamente coerente e legata al progetto relativo alla Nuova Linea della Seta (One Belt One Board) e fanno sì che l’intero sistema connettivo delle infrastrutture tutte decise da oltre un decennio si trasformi subito in un “offerta logistica organica unica”; perché, sempre le quattro Regioni, non danno vita attraverso le Finanziarie regionali ad un Fondo Rotativo capace di gestire una simile ricchezza logistica, perché non viene scelta come sede di tale nuova ipotesi programmatica e gestionale la città di Venezia che, come ricordato all’inizio dall’Ambasciatore Armellini, senza dubbio è, per la Cina e per il mondo, il riferimento chiave di questa nuova rilettura della strategia di Marco Polo.

Purtroppo queste mie ipotesi risultano ancora una volta utopiche e si scontrano con coloro che preferiscono masturbarsi con l’analisi costi benefici per giustificare solo il loro ruolo e per consentire ad altre realtà del Mediterraneo di crescere.


di Ercole Incalza