Draghi: l’incertezza mina l’Ue, Bce pronta a recessione

Con l’incertezza che persiste e che “mette in discussione l’esistenza stessa della Ue”, e l’ombra della recessione che si allunga sull’Eurozona, la Banca centrale europea comincia a ricaricare le armi.

“L’attuale posizione è già molto accomodante”, ma “se ci fosse una recessione, la Bce avrebbe gli strumenti necessari”, ha detto il presidente della Bce Mario Draghi parlando per l’ultima volta al Parlamento Ue prima del suo scioglimento. Non c’è ancora aria di crisi, anzi, le celebrazioni a Strasburgo per i venti anni dell’euro sono l’occasione per ricordare quanto lavoro è stato fatto proprio negli ultimi anni per uscire dalla peggior recessione dopo la II Guerra Mondiale. Per il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker è anche l’occasione per fare autocritica: per l’“austerità avventata”, e per la poca solidarietà dimostrata alla Grecia. Draghi parla di “incertezza geopolitica”, che “mette in discussione i pilastri su cui è stato costruito l’ordine post Seconda guerra mondiale, mette in discussione la Ue, ha a che fare con la Brexit, la negazione del sistema multilaterale”. Tutti elementi che contribuiscono al rallentamento dell’economia. Per questo la Bce resta vigile, e “valuta” la situazione, pronta ad intervenire qualora ce ne fosse bisogno.

Nel frattempo, il presidente prova a dare un’iniezione di fiducia alla Ue, che è uscita dalla crisi “grazie all’energia dei suoi cittadini”, e al sostegno che i loro politici hanno dato all’euro. Uno sforzo che deve proseguire senza tentennamenti, ha aggiunto. Per Juncker è invece tempo di bilanci. “Non siamo stati sufficientemente solidali con la Grecia e con i greci”, ha detto agli eurodeputati, durante le celebrazioni dei traguardi raggiunti dalla moneta comune nei suoi primi 20 anni. Ma non c’è da ricordare solo successi. Tutti i discorsi delle massime istituzioni europee presenti accendono un faro anche sugli strascichi della crisi: il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani sottolinea come sia inaccettabile che un giovane su due non trovi lavoro in Europa, e quello dell’Eurogruppo Mario Centeno chiede di tenersi pronti ad affrontare nuove difficoltà.

Juncker si spinge addirittura oltre, con un vero e proprio “mea culpa”: durante la crisi del debito “c’è stata dell’austerità avventata”, imposta con pervicacia fin dal primo Paese finito in difficoltà, cioè la Grecia. Encomiata solo tardivamente, ovvero quando è uscita dal programma di aiuti la scorsa estate. “Qualche errore è stato fatto, fa piacere se viene ammesso”, ha commentato il premier Giuseppe Conte. Mentre è duro il vicepremier Luigi Di Maio: “Le lacrime di coccodrillo non mi commuovono. Juncker e tutti i suoi accoliti hanno devastato la vita di migliaia di famiglie con tagli folli mentre buttavano 1 miliardo di euro l’anno in sprechi come il doppio Parlamento di Strasburgo. Sono errori che si pagano”, ha detto. L’autocritica dell’istituzione europea che più ha creduto nelle ricette dell’austerità può però servire in questa fase di incertezza e timori sul prossimo futuro. Anche perché, spiega il ministro dell’economia Giovanni Tria, a 10 anni dalla grande crisi l’Europa “ancora non ha capito cosa deve fare” ed è “ossessionata dalle procedure”. Così facendo “rischia il collasso”, soprattutto “se alimenta le divergenze invece che le convergenze e non affronta il tema di una maggiore cooperazione”.

E proprio il ministro, da Mosca, lancia un allarme sull’incertezza che caratterizza la situazione economica a livello globale. In Italia sta già producendo effetti: “Prevediamo una situazione di stagnazione, spero temporanea, questo dicono i dati”, ha spiegato.

Aggiornato il 16 gennaio 2019 alle ore 11:49