Fatturazione elettronica: massacro delle piccole imprese?

Salva l’ipotesi che il Governo si ravveda all’ultimo minuto, da gennaio 2019 scatta l’obbligo della fatturazione elettronica, con immediata trasmissione al Fisco, anche tra i privati!

A livello politico, non sono mancate voci di chiaro dissenso. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ha indetto per esprimere il proprio dissenso una manifestazione prevista stamane davanti Montecitorio sull’argomento, ha dichiarato che tale obbligo “è uno strumento capace solo di massacrare la piccola impresa”. Il senatore Lucio Malan di Forza Italia ha rafforzato l’attacco dichiarando che “con il Governo del cambiamento chi lavora, produce e paga le tasse è sempre sotto attacco: paradosso Italia, lo Stato se la prende con i contribuenti e con chi crea ricchezza e lavoro”.

Il Governo giallo-verde nato sul presupposto di “abbassare le tasse”, almeno a leggere le pagine del “Contratto di governo”, non pare voglia rinunciare a questo obbligo che solleva tantissime perplessità, né rinviarlo o semplicemente prevederne una parziale introduzione, perché pare di capire verrebbe meno la previsione del maggior gettito. Quindi, con il nobile pretesto di far emergere l’evasione, l’immensa platea delle piccole imprese, degli studi professionali medio-piccoli, delle attività a gestione diretta e minor strutturazione, cioè il cuore sopravvivente della società italiana, sembra essere precettato.

Sulla questione è intervenuto anche (vanamente) il Consiglio nazionale dei commercialisti col presidente Massimo Miani che si è affannato a chiedere il rinvio indispensabile, in vista del ripensamento. Spiega che le violazioni di privacy (denunciate dal Garante) non sono rimediate dall’esonero dei sanitari; che gran parte del Paese non ha copertura internet; che nessuno ha le idee chiare sugli esoneri; che le imprese minori non sono in grado di attrezzarsi e sopportare i costi aggiuntivi di questo sistema; che il gettito finirà per equivalere a quello ottenuto col famigerato spesometro; che il sistema dell’obbligatorietà radicale non ha simili né precedenti in Europa e nel mondo.

Non bastasse questo, lo striminzito avvio della flat tax (che a detta delle associazioni imprenditoriali e di molti economisti poteva essere effettivamente la sfida virtuosa per ridare fiato a chi vuole continuare o azzardare un ampliamento dell’attività, anziché chiudere) ha stabilito che non cade in obbligo di fatturazione elettronica chi, sotto i 65mila euro di ricavi (ricavi, si badi bene, non guadagni), godrà di un “regime fiscale semplificato”.

Questo significa che nessuno è esonerato dall’obbligo, almeno che non voglia interrompere l’attività e licenziare i dipendenti oppure non emettere più una fattura neanche sotto tortura, comunque non incassare più un solo euro prima della fin dell’anno!

A leggere il testo vigente, peraltro, non rientra in “semplificato” e non evita la fatturazione elettronica chi ha anche qualche altro reddito, anche una pensione o qualche bene immobile; cioè, in altre parole, vi rientrano quasi tutti. Ma allora, quanti restano realmente i beneficiati? Di certo ne beneficerà il Governo, potendo contare su entrate certe e le società che si occupano della gestione dei dati. Ma c’è ancora un barlume di speranza che il Governo eviti per i milioni di piccoli operatori tale supplizio ed il “costo” sarebbe ragionevole in termini finanziari: basterebbe ridurre un poco l’ampiezza delle principali misure su cui si fonda il deficit annunciato.

Aggiornato il 12 dicembre 2018 alle ore 11:05