Imitare Marchionne

Lo hanno insultato, scomunicato e maledetto per mesi. Se non per anni. Adesso, visti i risultati, il modello Sergio Marchionne di contrattazione aziendale, sganciato dalla triplice sindacale e da Confindustria, potrebbe divenire un modello da seguire per il futuro. Sempre a partire dal salario minimo legale che dovrebbe sostituire la contrattazione nazionale per aprire poi la strada a quelle aziendali e di settore, con ricorso anche alle un tempo deprecate gabbie salariali.

Infatti stamane l’intervento più applaudito e meno accademico di quelli sentiti nella sede del Cnel – che sta vivendo una seconda giovinezza sotto l’egida di Tiziano Treu dopo aver rischiato la rottamazione – durante il convegno promosso dalla Confsal sul tema “Relazioni industriali, rappresentatività e linee guida per la contrattazione collettiva”, è stato quelle del capo delle relazioni industriali della Fca, cioè Pietro Di Biasi. Mentre l’intervento più polemico, a uso interno della ex sinistra di governo (e di lotta) è stato quello dell’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che ha fatto un mea culpa per conto terzi, cioè Pier Luigi Bersani, su quelle famose “lenzuolate” di liberalizzazioni risalenti ai tempi del Prodi bis che hanno finito per impoverire il ceto medio mortificando i redditi dei professionisti liberi e non.

Nell’introduzione del presidente della Confsal (Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori), Angelo Margiotta, le linee guida individuate sono state quelle della professionalità e della qualità del lavoro del singolo e quella dell’effettività della rappresentanza nella contrattazione. Troppe sigle, 141 solo nel pubblico impiego, di cui appena otto ammesse a firmare contratti erga omnes, e una giungla inestricabile nel settore privato, rendono la fase della discussione del contratto una specie di caos senza uscita. A meno che come Fiat non si decida di uscire dalla Matrix burocratica di Confindustria e dalla contrattazione nazionale per intraprendere quella aziendale con un bel ciao anche alla triplice sindacale. La Fiat però è un’azienda seria che non sfrutta la gente e si regola da sé. Per chi ne volesse seguire l’esempio occorrerebbe sostituire la troppa confusa e spesso ingiusta contrattazione nazionale con una legge statale approvata dal Parlamento che regoli il salario minimo per ogni categoria di lavoratori. Una sorta di equo compenso per il lavoro dipendente.

Il tutto per evitare il famigerato dumping contrattuale che sta diventando la realtà di oggi. Questo equo compenso per dipendenti, auspicabilmente, non dovrebbe fare la fine di quello per il lavoro autonomo. Che come è noto è finito tutto in vacca per l’insipienza della classe di governo che ci ha deliziato dalla caduta di Silvio Berlusconi in poi.

Aggiornato il 17 aprile 2018 alle ore 13:59