Webtax Ue: una tassa sugli acquisti, non sulle aziende

martedì 20 marzo 2018


Non è ancora operativa la webtax italiana e già sta arrivando una nuova imposta europea sui ricavi realizzati dalle compagnie on-line. L’imposta, che viene presentata come transitoria, dovrebbe colpire tutte le transazioni on-line effettuate verso i maggiori operatori on-line con un’aliquota tra l’1 e il 5 per cento.

La Commissione europea pare molto interessata a trattenere parte delle risorse generate dall’economia digitale. Ma sembra nessuno si sia chiesto perché i campioni globali di internet nascono quasi tutti fuori dai confini dell’Ue. In ogni caso, la proposta va vista sotto almeno tre punti di vista.

Il primo riguarda il metodo: un’iniziativa europea è sicuramente preferibile al proliferare di interventi nazionali (hanno già varato provvedimenti, su base autonoma, Italia, Slovacchia e Ungheria) perché preserva l’unitarietà del mercato digitale europeo. E tuttavia questa iniziativa appare troppo smaccatamente non un tentativo di immaginare una forma di tassazione su base più razionali, ma al contrario una fuga in avanti aggressiva e punitiva: implica una neutralità di gettito ma al contrario va nella direzione di un incremento della pressione fiscale a livello Ue.

Il secondo è di merito: la proposta della Commissione Ue, al di là della retorica, sarà pure pensata per “colpire i profitti dei colossi on-line”, ma si abbatte inevitabilmente sui consumatori. Non è una tassa sui redditi d’impresa ma una tassa sui consumi via internet, che verrà quindi più traslata sui consumatori. Se essa implica la scelta politica (e non tecnico-tributaria) di scoraggiare le transazioni on-line per proteggere gli operatori “fisici” tradizionali, quanto meno questo obiettivo va dichiarato. Se l’intenzione è un’altra, ed è solo quella di cogliere una nuova forma di capacità contributiva per le imprese digitali, la modalità attuativa è quanto meno contraddittoria.

(*) Editoriale a cura dellIstituto Bruno Leoni


di Istituto Bruno Leoni