Draghi, crescita Eurozona corre, ma avanti con il Qe

La ripresa dell’Eurozona corre, e anche la crescita mondiale promette bene, in vista di una “sincronizzazione” fra le principali economie che potrebbe essere la grande novità del 2018. Ma la Bce mantiene la barra dritta sul Quantitative easing.

È il bollettino economico a confermare la linea della stabilità prevalente a Francoforte. Dove nonostante gli scontenti tedeschi, nonostante la ripresa più forte del decennio, Mario Draghi aspetta i segnali di un’inflazione non solo prossima al 2% (ora è all’1,5%) ma soprattutto in grado di reggersi sulle proprie gambe, prima di decretare la fine del Quantitative easing. E proprio per orientare le aspettative degli operatori economici, la Bce promette di non abbassare la guardia. È vero, si legge nel documento, c’è “un ritmo sostenuto dell’espansione economica e un significativo miglioramento delle prospettive di crescita”. Che si traducono in un rialzo delle previsioni di crescita (2,4% per il 2017, 2,3% per il 2019 e 1,9% per il 2019) e d’inflazione (1,5% nel 2017, 1,4% nel 2018 e 1,5% nel 2019).

Tuttavia “le pressioni interne sui prezzi rimangono nel complesso moderate e devono ancora mostrare segnali convincenti di una protratta tendenza al rialzo. E così “il Consiglio direttivo ha concluso che un ampio grado di stimolo monetario rimane necessario affinché le spinte inflazionistiche di fondo continuino ad accumularsi”.

Nel merito, la Bce da gennaio ridurrà gli acquisti mensili a 30 miliardi di euro al mese in titoli. Manterrà le ‘consistenze’ finora accumulate con il Qe, che hanno appena fatto gonfiare il suo bilancio verso l’ennesimo record di 4.487 miliardi di euro (nel 2014 erano circa 2mila miliardi). E per farlo continuerà a reinvestire in titoli i bond che man mano vengono a scadere. Qualora fosse necessario, la Bce mantiene anche l’impegno ad aumentare il Qe in quantità degli acquisti o nella loro durata. Non solo: sul fronte dei tassi d’interesse, che rimangono ai minimi record, resta immutato l’impegno preso con la ‘forward guidance’, le indicazioni prospettiche sui tassi che non saliranno fino a “ben oltre” la fine del Qe: almeno il 2019.

Poche variabili esterne sembrano essere in grado di mutare questo scenario. La Bce si sofferma su un ampio studio sui prezzi petroliferi, vera carta in grado di scompaginare tutto, in un’economia globale che va verso una “robusta espansione” e una crescita “solida” del commercio mondiale.

Aggiornato il 29 dicembre 2017 alle ore 07:33