Ocse: pochi laureati e poco valorizzati

“L’Italia, negli ultimi anni, ha fatto notevoli passi in avanti nel miglioramento della qualità dell’istruzione”, ma forti sono le differenze nelle performance degli studenti all’interno del Paese, “con le regioni del Sud che restano molto indietro rispetto alle altre”, tanto che “il divario della performance in ‘Pisa’ (gli standard internazionali di valutazione) tra gli studenti della provincia autonoma di Bolzano e quelli della Campania equivale a più di un anno scolastico”.

Così l’Ocse nel rapporto sulla “Strategia per le competenze”. “Solo il 20 per cento degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato rispetto alla media Ocse del 30 per cento, afferma ancora il Rapporto. Inoltre “gli italiani laureati hanno, in media, un più basso tasso di competenze” in lettura e matematica (26esimo posto su 29 paesi Ocse). Non solo, quelli che ci sono non vengono utilizzati al meglio, risultando un po’“bistrattati”. L’Italia è “l’unico Paese del G7” in cui la quota di lavoratori laureati in posti con mansioni di routine è più alta di quella che fa capo ad attività non di routine. In inglese il fenomeno è noto come “skills mismatch”, dove i due potenziali interlocutori sono il lavoratore e il posto di lavoro. Insomma, le competenze non risultano in linea con la mansione. Cosa da noi “molto diffusa”, spiega l’Ocse in un dossier specifico sulla materia.

“Il livello dei salari in Italia - si legge ancora nel Rapporto - è spesso correlato all’età e all’esperienza del lavoratore piuttosto che alla performance individuale, caratteristica che disincentiva nei dipendenti un uso intensivo delle competenze sul posto di lavoro”. “Attualmente l’Italia è intrappolata in un ‘low-skills equilibrium’, un basso livello di competenze generalizzato: una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese”.

Insomma, da una parte la forza lavoro non si presenta sul mercato preparata, attrezzata a svolgere le diverse mansioni possibili, dall’altra le aziende non pretendono. Un circolo vizioso che rischia di non portare lontano.

Aggiornato il 06 ottobre 2017 alle ore 09:52