Una manovra per le manovre

giovedì 5 ottobre 2017


Che il centrosinistra per obblighi di maggioranza, problemi di Governo e desideri di Matteo Renzi, predisponesse solo una manovra per le manovre elettorali era ovvio. Troppo delicato il passeggio delle prossime elezioni politiche per emanare una legge di stabilità vera e concreta, meglio tenersi intorno al minimo sindacale. Un minimo sindacale da servire però con l’aggiunta di tutto il folklore possibile per indurre gli italiani a credere che il Bengodi sia vicino. Per questo da settimane l’appello al sostegno e alla suggestione è scattato in pieno e grandi testate, televisione e mezzi d’informazione strombazzano successi. Crescita, ripresa, occupazione, produzione, insomma è tutto un fiorire incessante di belle notizie e di miglioramenti dell’economia e dello Stato di salute del sistema Paese.

Contemporaneamente si è disposto che non si parlasse più degli sbarchi che invece ci sono ancora, delle crisi aziendali che invece ci sono ancora, delle voragini nei conti degli enti locali che invece ci sono ancora. Come se non bastasse, si è fatto in modo che i grandi organismi di Stato elogiassero i risultati della Legge Fornero, del Jobs act, della revisione della spesa e che puntassero l’indice contro la solita colpa di tutto e cioè l’evasione fiscale. Da noi, infatti, la politica quando decide di buttarla in caciara per nascondere le colpe e le responsabilità vere del disastro creato, tira in ballo l’evasione. Sia chiaro l’evasione va combattuta e seriamente, poiché certamente è uno dei vulnus del nostro sistema.

Da questo però a farla passare, quando torna comodo, come l’unica malattia che ha rovinato il Paese ci corre una galassia. Ci corre una galassia perché le ragioni vere che in questi ultimi decenni hanno devastato la tenuta e l’equilibrio dei conti sono altre. Sono i costi per trasferimenti e stipendi di una macchina di Stato elefantiaca, inutile, improduttiva e in parte nullafacente. Sono i costi per mantenere in vita enti, istituti, aziende che non servono, erogano compensi da sceicco, producono e hanno prodotto pensionati d’oro a gogo. Sono i costi di una burocrazia e di una Pubblica amministrazione in buona parte clientelare, impreparata, un po’ furbetta, capace di complicare anziché risolvere i problemi dei cittadini. Sono i costi del “Pianeta Giustizia” che sembra essere più dalla parte dei colpevoli che delle vittime, che procede con una lentezza esasperante, che fa sempre più fatica ad affermare la certezza del diritto. Sono infine i costi del malaffare, degli scandali, della gestione truffaldina delle risorse collettive, della mediocrità della classe dirigente.

Ciliegina sulla torta è poi un sistema previdenziale e assistenziale che per via di leggi passate, che con la scusa del diritto acquisito non si vuole correggere, ha creato disparità vergognose, insostenibili e inaccettabili. Per decenni, infatti, si sono emanati provvedimenti in materia pensionistica non solo chiaramente discriminatori, ma spudoratamente vantaggiosi per alcuni a dispetto degli altri. Ecco perché da noi l’Inps non ce la fa più, insiste sui tempi di pensionamento, sugli anni di contribuzione e via dicendo. Insomma, il problema vero non è l’allungamento della vita biologica, se non ci fossero stati i privilegi agli statali, gli scivoli, le baby pensioni, le pensioni d’oro, i vantaggi di Stato per alcuni organismi, i conti dell’Inps sarebbero floridi.

Al contrario, la previdenza è sempre nell’occhio del ciclone perché costretta a sostenere l’ingiusto, l’inconcepibile, il vergognoso privilegio di una quantità grande di soggetti a scapito del resto della collettività. Ecco perché i privilegiati tuonano contro la modifica della Fornero, dell’età pensionabile e anche di un alleggerimento fiscale, hanno paura per il loro assegno mensile. Questa è l’Italia, queste sono le ragioni per cui il sistema sprofonda, questo è il motivo per cui le manovre vere dovrebbero essere ben altre di quelle utili al galleggiamento elettorale. Parliamoci chiaro, per rimettere in sesto e in cammino il Paese, non basterà mai una semplice per quanto positivo aumento del Pil dell’1,5 e dintorni. Come non basterà mai qualche bonus per muovere di qualche frazionale l’occupazione, oppure il consumo, oppure il volume del reddito.

La positività di questi indicatori al massimo può garantire la linea di galleggiamento, la concessione di un po’ di fiducia della Ue e dei mercati, ma non certo la soluzione dei problemi veri. Per rilanciare davvero il Paese servono la forza e il coraggio di sfoltire un apparato di Stato insopportabile, eliminare una burocrazia inutile, modificare e correggere i diritti acquisiti, ridimensionare il settore improduttivo. Serve riformare la giustizia, il sistema bancario, gli organismi di controllo e vigilanza. Occorre separare previdenza e assistenza, provvedere a una gigantesca riforma fiscale che faccia emergere l’evasione, risolvendo però una volta per tutte liti contenziosi e garbugli fiscali fra contribuenti e amministrazione. Il fisco per funzionare deve essere non solo equo in termini di aliquote, ma soprattutto snello, tracciabile. Se il centrosinistra ha fallito clamorosamente e consapevolmente questi obiettivi, ci auguriamo che il centrodestra insieme alla vittoria consegni all’Italia e agli italiani un progetto-Paese capace di raggiungerli.


di Elide Rossi e Alfredo Mosca