Cina: scure S&P, primo taglio rating dal 1999 ad “A+”

A meno di un mese dal 19/mo congresso del Partito comunista cinese e dal rafforzamento al vertice del presidente di Xi Jinping, Standard & Poor’s taglia il rating della Cina da AA- ad A+, con outlook stabile. Neanche il tempo di assaporare le positive stime dell’Ocse (Pil a +6,8 per cento nel 2017 e +6,6 per cento nel 2018 con investimenti in infrastrutture, contro un +6,5 per cento atteso quest’anno dal governo), che l’agenzia di valutazione statunitense ha calato la mannaia per la prima volta dal 1999 adducendo l’impennata del profilo di rischio economico-finanziario sulla prolungata fase di crescita dei prestiti. In altri termini, lo stock del debito continua a fare paura: “Spesso - recita una nota - i rialzi dei prestiti sono stati superiori a quelli del reddito personale”.

Dal 2009, i crediti sul settore residente non governativo sono saliti rapidamente tenendosi spesso sopra la dinamica dei redditi. Pur se il trend ha contribuito “alla forte crescita del Pil reale e a prezzi più alti degli attivi, riteniamo che in certa misura abbia anche ridotto la stabilità finanziaria”.

La mossa di S&P segue di pochi mesi il downgrade di maggio di Moody’s (da Aa3 ad A1, con outlook “stabile” da “negativo”), sui timori di frenata della crescita e aumento del debito governativo al 40 per cento del Pil per il 2018 e al 45 per cento a fine decennio, che scatenò la piccata reazione del ministero delle Finanze per il “metodo non appropriato” seguito. Due bocciature in un lasso di tempo breve fanno intuire che Pechino non abbia convinto sulla sostenibilità dell’economia, malgrado la prima metà dell’anno abbia segnato un Pil sorprendentemente a +6,9 per cento, il miglioramento della profittabilità del settore industriale, il rafforzamento dello yuan sul dollaro e il freno alla fuga di capitali.

La scorsa settimana, nel format 1+6, il premier Li Keqiang ha detto ai capi di istituzioni come Fmi, Banca Mondiale, Wto e Ocse, che la situazione “del debito era sotto controllo”. “Prevediamo che la crescita del credito nei prossimi due o tre anni resterà a livelli che gradualmente aumenteranno i rischi finanziari”, scrive S&P che si aspetta un Pil reale sopra il 4 per cento annuo, anche se rallenteranno ulteriormente gli investimenti pubblici. La crescita economica è attesa a +5,8 per cento annuo fino ad almeno il 2020, pari al ritmo reale pro capite del 5,4 per cento.

Aggiornato il 21 settembre 2017 alle ore 22:18