Correntisti nel mirino di Stato e multinazionali

Dal “prelievo forzoso” sui conti correnti al continuo spionaggio delle movimentazioni, anche le più piccine. Viene così varato il piano segreto d’insicurezza permanete del risparmiatore. Si ventilava da almeno un decennio che, una volta depositati in banca, i risparmi sarebbero stati nella sola disponibilità degli “investitori istituzionali”.

In pratica non siamo più noi a disporne. E più le somme sono cospicue più il risparmiatore viene attenzionato dalle strutture deputate ad operazioni di “polizia bancaria”. Del resto fin dal passato decennio l’Ue puntava il dito contro il risparmiatore italiano, reo di accantonare somme, quindi di sottrarre risorse all’investimento mobiliare, al gioco dei titoli. Così nella notte tra il 24 e il 25 luglio, è decollata contro quattrocento mila clienti Unicredit una massiva violazione dei dati: sono passati in mani oscure dati anagrafici, indirizzi email, numeri di telefono e codici Iban dei risparmiatori. Il prossimo passo sarà (qualcuno dice a Ferragosto altri entro Natale 2017) l’accesso ai conti tramite le password dei clienti, e per spostare i depositi su conti cifrati, oscuri, sorta di terre di mezzo tra organizzazioni internazionali e gestori della finanza globale. Prove tecniche di questo atto di guerra al pulviscolo creditizio erano già accadute ad ottobre 2016, e oggi a luglio 2017.

Ecco che al risparmiatore non rimane che ribellarsi allo “stato di insicurezza permanente” prelevando per tempo tutti i risparmi, per occultarli in un luogo sicuro, casomai investendo in oro e preziosi o terreni da coltivare. Per i potenti della Terra i risparmiatori rappresentano potenziali antagonisti politici, perché solo il bisogno economico rende l’uomo domo, schiavo delle multinazionali.

L’accesso ai database delle banche avviene sempre con il solito e consolidato metodo, ovvero simulando l’esistenza di un partner commerciale della banca, soprattutto un partner estero, internazionale. Nell’ultimo caso, quello di due giorni fa, risulterebbe che Unicredit avrebbe rivelato i dati sensibili ad un  fantomatico venditore di prestiti al consumo del “Gruppo Unicredit”.

La domanda che in tanti si pongono è se Unicredit sia una vittima casuale o se sia stata costretta da un ricatto bancario internazionale a cedere i dati dei propri clienti. In tanti si chiedono chi comandi veramente nelle banche, e spesso ci si accorge che il controllore è lontano, in luoghi blindati: soprattutto i nomi dei controllori sono segretissimi e noti solo ai padroni del pianeta. Intanto è stato  formalizzato l’esposto presso la Procura della Repubblica di Milano. Anche se in troppi reputano che questa battaglia legale sia tanto simile a quella già giocata tra la Procura di Trani e le società di rating.

E che i depositi bancari siano oggi insicuri, quanto il gioco in borsa o l’acquisto di titoli tossici, emerge dal fatto che l’attacco ai clienti di Unicredit è avvenuto dall’interno del sistema e non da un hacker esterno: una violazione operata dal classico “partner business”. Sono state utilizzate tecniche avanzate di scansione silenziosa delle informazioni, al pari di quelle che usano le strutture che lavorano per le società d’intelligence. Oggi hanno solo voluto carpire i dati, prossimamente faranno danni maggiori, compromettendo finanziariamente centinaia di migliaia di clienti. Secondo un esperto del settore bancario (non vuole sia resa nota la sua identità) “non è ancora partito l’ordine di svuotamento dei conti, e temono che queste notizie generino un allarme che porti a prelievi massivi: anche così avrebbero raggiunto il loro scopo, creando problemi al sistema bancario italiano, oggi tra i più vulnerabili del pianeta”.

Di fatto le multinazionali hanno spinto i singoli stati a chiudere i rispettivi cittadini dentro steccati informatici, millantando che ciò avrebbe garantito la sicurezza del risparmio e di ogni attività burocraticamente censita. Invece oggi i singoli sono sempre più in balia di norme che obbligano ad essere informaticamente censiti e reperibili, in cambio offrono l’insicurezza sull’investimento dei singoli. Ecco che polizze e risparmi possono venir volatilizzati pigiando il tasto d’un computer, e per ordine dei padroni finanziari del pianeta. La sicurezza informatica non è più tale: è stata una bubbola, usata per convincerci che la digitalizzazione ci avrebbe migliorato la vita, che di fatto oggi s’è trasformata nell’insicurezza assoluta. Ecco che il risparmiatore potrebbe cascare dalla padella nella brace. L’accantonamento in banca non conosce più sicurezze, trovandosi sia nel mirino dello Stato (che potrebbe dalla mattina alla sera operare un prelievo forzoso e retroattivo per sanare i propri bilanci) che di multinazionali che entrano nei conti degli italiani per dare l’ultimo e ferale colpo al Belpaese.

Aggiornato il 29 luglio 2017 alle ore 12:03