L’Europa come il bail-in

Ci risiamo, il Governo interviene l’ultimo giorno utile con un decreto “salva-panico” e questa volta finalmente senza utilizzare la norma del bail-in cui anche i correntisti vengono colpiti dal salvataggio.

Siamo un pochino confusi. L’Italia è l’unico Paese europeo ad aver applicato le regole della risoluzione bancaria (bail-in) per Banca Etruria, Marche, CariChieti e CariFerrara. nonostante altri Paesi come la Spagna e lo stesso Portogallo alle diverse crisi bancarie hanno risposto con un salvataggio di sistema senza l’applicazione della direttiva europea sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie di cui sopra.

Si è provato con il Fondo Atlante miseramente fallito, si è cantata vittoria per una regolamentazione che non avrebbe mai più colpito i contribuenti ma soltanto i piccoli risparmiatori e cioè tutti quei cittadini che fiduciosi nella propria banca hanno aperto il proprio conto corrente, sottoscritto obbligazioni bancarie ovvero azioni dello stesso istituto. Ricordo che la tutela del risparmio è un diritto costituzionale e come sempre si difende la Costituzione ed i diritti fondamentali soltanto quando conviene o ci si ricorda della loro importanza. Ora il Governo vara un decreto per le Banche Venete del costo totale di circa 12 miliardi per la tutela di 50 miliardi di risparmio e di 2 milioni di clienti.

Si decide di applicare il Burden sharing e non il bail-in: la differenza è sostanziale poiché con la prima strada, senza entrare nel tecnico,  non si toccano i correntisti e le obbligazioni senior e naturalmente la procedura si accompagna con un azzeramento del valore nominale dei titoli ed una conversione delle obbligazioni junior in azioni. In soldoni, il Governo con questa operazione versa a Banca Intesa circa 5 miliardi, per mantenere i propri ratios patrimoniali e prendersi la parte buona delle Banche Venete, ed inoltre mettendo a disposizione circa altri 12 miliardi di garanzie per rischi futuri su crediti. Tali risorse provengono dal decreto “Salva Banche” nato principalmente per la copertura del Monte Paschi. Ora forse la coperta per quest’ultima è un po’ corta. Lo Stato si accolla così un totale di circa 19 miliardi di Npl (“Crediti deteriorati”) e pensa di recuperare dalla gestione degli stessi oltre i 5 miliardi posti come anticipo cassa per Banca Intesa.

Con questa operazione si valutano gli Npl tra il 26 e il 30 per cento del loro valore nominale e non il 20 per cento come avvenuto per le 4 banche sottoposte al bail-in. L’Europa ha dato il suo ok e questo vuol dire che, a parte il populismo di massa che sta contagiando il Vecchio Continente, vi sono dei settori che hanno un’importanza sistemica e cioè il danno che può creare un loro fallimento è infinitamente superiore al contentino idealistico di difendere “i contribuenti che sono a loro volta correntisti e risparmiatori”.

Forse la soluzione potrebbe essere quella di avere lungimiranza nel fare politica: cioè leggere gli eventi e cercare di capire dove sia la direzione, continuando a tutelare il benessere dei propri cittadini. Si è approvato il bail-in dopo che Francia e Germania avevano messo a disposizione una montagna di soldi nelle proprie banche mettendole in sicurezza senza parlare del loro principale problema e cioè i “derivati”; e si è gridato che il nostro Paese non poteva agire direttamente per sistemare le banche per il nostro elevato debito pubblico.

Ricordo ad esempio come la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) tedesca “la Kreditanstalt für Wiederaufbau”, la Banca per la ricostruzione (post-bellica), per gli amici Kfw ha la stessa partecipazione statale simile alla Cdp (Cassa depositi e prestiti) italiana ed emette obbligazioni a garanzia statale. La differenza sostanziale è che guarda caso la CDP Italiana entra nella contabilità pubblica la Kfw tedesca no.

È arrivato il momento di ricostruire la fiducia nel nostro Paese cominciando a tutelare, all’interno delle normative Ue gli interessi dei nostri cittadini. Non a discapito di altri Paesi europei, non fuori le regole europee ma è ora che alcune di queste regole siano congeniali non soltanto all’asse franco-tedesco ma anche ai Paesi del Mediterraneo. Incominciamo con l’affermare che il bail-in non funziona.

Abbiamo data la vigilanza alla Banca centrale europea nei confronti delle banche sistemiche ed alle banche Centrali dei singoli Paesi per quelle periferiche. È sufficiente ed è compito della stessa vigilanza valutare i rischi e l’attività del management bancario. Il fallimento di una banca equivale al fallimento della rispettiva vigilanza. Stiamo parlando del sistema bancario, di imprese che sottoscrivono parte di titoli di stato e che sono inestricabilmente legati al destino del nostro Paese. A volte il mercato nei confronti dei diritti fondamentali necessita di un intervento statale. Non si può lasciare aperta questa partita dando il fianco alla speculazione internazionale che ad ogni piccola difficoltà deciderà di attaccare il nostro Paese su tale debolezza e rendere inutili gli sforzi che il Paese cercherà e dovrà fare. Non si deciderà infatti di attaccare Germania e Francia sulla bomba dei derivati il cui valore sottostante e pertanto il rischio potenziale sembra essere incalcolabile. Dobbiamo liberare il nostro sistema bancario e quindi il nostro Paese da questa zavorra e dare nuova fiducia al sistema Paese. Dobbiamo fare questa bad bank nazionale, ovvero dei singoli gruppi bancari agevolando la nascita di un veicolo in cui convogliamo i crediti deteriorati liberando risorse per il sistema produttivo e rendendo le banche e il credito meno ingessato per il bene di una ripresa solida nel nostro Paese. Ormai è inderogabile, bisogna dividere le banche che fanno attività ordinaria da quelle speculative.

Aggiornato il 28 giugno 2017 alle ore 12:20