Offerta di Intesa per le venete: un euro per le “good bank”

Intesa si fa avanti per le banche venete. Alla scadenza per la presentazione delle offerte all’advisor del Tesoro, Rothschild, il Cda della banca ha deliberato all’unanimità “la disponibilità” a rilevare le good bank nate dalla separazione delle attività problematiche di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. I paletti posti da Intesa, che offre un prezzo simbolico di 1 euro, sono molto stringenti. Anzitutto oggetto dell’interesse è un “perimetro segregato” delle due banche che esclude non solo tutti i crediti deteriorati (oltre agli npl, le inadempienze probabili e le esposizioni scadute) ma anche i crediti in bonis “ad alto rischio”, i bond subordinati nonché “i rapporti giuridici considerati non funzionali” all’acquisizione.

Altra condizione è la “totale neutralità” dell’operazione sul patrimonio (Cet1) e sulla politica dei dividendi (per quest’anno sono previsti 3,4 miliardi di cedole). La banca “esclude pertanto aumenti di capitale”, differenziandosi, ad esempio da quanto fatto da Ubi Banca in occasione dell’acquisizione delle good bank Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti. Ancora, Intesa considera “necessaria” una “cornice legislativa, approvata e definitiva”, cioè una legge dello Stato, che garantisca la “neutralità” su patrimonio e dividendi ma anche “la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione” (ci sarebbero 4 mila esuberi da gestire attraverso un rifinanziamento del fondo di settore) nonché la “sterilizzazione” dei rischi (alcune decine di migliaia di soci azzerati non hanno aderito alla transazione delle due banche) e degli impegni legati a fatti antecedenti all’acquisizione.

Se per Intesa i vantaggi di un’operazione così strutturata sono innegabili (il titolo è balzato in Borsa del 2,45%), si tratterà di capire se la strada resta “politicamente” percorribile, anche con Bruxelles, alla luce del fatto che lo Stato, e dunque i contribuenti, dovranno farsi carico dei costi della ‘risoluzione’ soft, ricapitalizzando le good bank, rilevando gli Npl e accollandosi i rischi legali. “Il punto di domanda è se il Mef sarà autorizzato a iniettare capitale nella bad bank da parte della Dg Comp” rileva Equita Sim, che stima in 2,5 miliardi i costi di ristrutturazione. “La principale ambiguità”, sottolinea Mediobanca, “riguarda chi si farà carico del conto della bad bank, se lo Stato” o “le banche”.

L’escamotage per schivare diktat da Bruxelles potrebbe essere quello di negare la rilevanza sistemica di Veneto Banca e Popolare Vicenza, gestendo internamente il problema e garantendo comunque il ‘burden sharing’ sia di azionisti (il fondo Atlante) che dei bond subordinati (con un rimborso ai retail). La palla passa ora al Tesoro che, esaminato l’esito dell’asta, dovrà verificare con Bruxelles la percorribilità della strada intrapresa. La strada, visto che Intesa chiede una cornice legislativa ‘approvata e definitiva’, potrebbe essere quella di formulare un emendamento, forse già prima del weekend, al decreto che la scorsa settimana ha congelato il bond di Veneto Banca in modo da convertirlo rapidamente.

Il Tesoro è comunque fiducioso di poter destinare parte dei 20 miliardi a disposizione degli istituti in crisi per finanziare la bad bank. “Prendo atto di una manifestazione di interesse i cui termini e condizioni aspettiamo ci vengano meglio spiegati dal Mef”, ha commentato Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza, che martedì prossimo riunirà il Cda. A favore dell’operazione, che ha trovato l’esplicito appoggio delle grandi fondazioni di Intesa, Compagnia San Paolo e Cariplo, si sono schierati tutti i sindacati.

Aggiornato il 22 giugno 2017 alle ore 15:02